Domenica di sole, da leggere con la “o” chiusa.
Quasi nessuno in giro, avevo quasi paura di disturbare il silenzio con il tosaerba, ma poi alla fine chissenegfrega. Devo fare movimento, per cui via con il taglio del prato.
E lavorando duramente ho tenuto allenato il cervello, pensando a tutte le notizie più o meno vere che girano in questi sciagurati giorni di lockdown.
Allora, parto da una cosa certamente molto importante, che gira da qualche giorno e che mi lascia molto perplesso. Sto parlando di OMS (detta anche WHO); nelle scorse settimane se ne è parlato molto, devo dire spesso a sproposito anche perché molti di quelli che ne hanno parlato, fino al giorno prima magari nemmeno sapevano cosa fosse e cosa facesse WHO.
Trattasi dell’Istituzione dell’ONU che si occupa della salute, con sede a Ginevra, a cui aderiscono circa 200 Stati sovrani, e ognuno di loro contribuisce economicamente al funzionamento dell’Organizzazione stessa, ovviamente in misura percentuale diversa a seconda dei Paesi. Poi ci sono i fondi privati, come quelli della Fondazione di Boll Gates, che risulta essere il secondo contributore dopo gli USA che versano tra i 400 e i 500 milioni di dollari ogni anno.
Con i soldi (bilancio 2020-2021 4,8 miliardi di dollari) viene sovvenzionato il lavoro di circa 7000 dipendenti in tutto il mondo, molti dei quali ricercatori di fama mondiale che sono proiettati al raggiungimento dell’obiettivo primario di OMS: “the attainment by all peoples of the highest possible level of health” testuale dal sito Internet.
Dal 1948, anno di inizio dell’attività, questo è il senso logico dell’esistenza di questa Organizzazione che ha visto succedersi al comando molte personalità di spicco della scienza mondiale, almeno fino ad oggi. Sì perché l’attuale Direttore Generale è il potentissimo Tedros Adhanom Ghebreyesus, micorbiologo etiope nato nella regione del Tigrai, famoso nel mondo scientifico africano per il suo lavoro sulla malaria ( e non solo) , malattia endemica da quelle parti, Ministro della salute e poi Ministro degli Esteri del suo Paese. Insomma, uno che si sa muovere bene.
Godendo di non pochi appoggi politici, soprattutto all’interno dell’Unione degli Stati Africani, nel 2017 arriva a sedere nello scranno più importante della Sanità mondiale, con 133 voti a favore su 185. E’ il primo direttore generale OMS non medico, ma laureato in biologia (chissà, magari ho speranze anche io). La sua nomina fu fortemente contrastata da un medico americano che sosteneva un altro candidato, medico inglese. Le accuse erano che Ghebreyesus, da Ministro della sanità del suo Paese, avesse coperto informazioni importanti su due epidemie di colera che avevano fatto molte vittime, senza peraltro chiedere l’aiuto di nessuno (WHO compresa) per far arrivare i vaccini utili a combattere le epidemie.
Ma, con il forte appoggio degli Stati Africani e con il silenzio assenso americano ed europeo, diventa Direttore Generale WHO. E qui, mi pare di poter dire, cominciano i guai. C’è un servizio, molto ben fatto, della trasmissione televisiva “Petrolio” che descrive in dettaglio quello che è successo negli ultimi mesi, diciamo da ottobre in poi, in merito al Covid19, paventando accordi miliardari tra Ghebreyesus e la Cina, per tenere nascoste informazioni importanti sull’epidemia che avrebbero potuto (forse) salvare molte vite e dare una strada diversa all’epidemia.
Bene, io lascio ad altri le valutazioni “politiche”, ben sapendo però che la Cina ha fortissimi interessi anche sanitari in Africa e, conoscendo i cinesi, non si farebbero certo scrupoli a promettere e poi mantenere accordi con qualcuno, se ne hanno interesse. Rimane però un fatto incontrovertibile: Ghebreyesus ha più volte detto che non c’era un serio problema sanitario e ha ritardato non di poco la dichiarazione di pandemia per Covid19, compiendo a mio parere un errore, volontario o meno che sia, molto grave.
Ma la reazione americana, scomposta come spesso capita a Trump, non è molto meglio: “visto che tu sei amico dei cinesi, io ti blocco i fondi. Anche perché non sopporto i musi gialli” togliendo di fatto 6-8 mesi di finanziamenti a WHO. Ma questo non reca certo danno a Ghebreyesus, ma solo ai ricercatori che, impegnati su moltissimi fronti per studiare e combattere Covid19, si vedono togliere denaro preziosissimo in questo momento. Lo stesso Bill Gates, secondo finanziatore di WHO e cittadino americano fino al midollo, ha fortemente criticato la scelta di Tump, ritenendola fuori luogo. Io credo che, se veramente gli Usa hanno in mano le carte per accusare Ghebreyesus di qualcosa, avrebbero dovuto minacciare il World Health Assembly, che nomina il direttore Generale, sostenendo con fatti e dati la posizione e pretendendo che venisse dimissionato il DG, pena la sospensione dei fondi. Forse avrebbe funzionato meglio, anche perché nel Board di Who ci sono eminenti personaggi del mondo della scienza che potrebbero, in tempi molto brevi, sostituire l’attuale DG e (spero) fare molto meglio di lui. E ci sono anche nomi italiani che non faccio per non creare polemiche. Detto ciò, spero che qualcuno si renda conto che si deve cambiare passo, perché Covid19 non è sconfitto.
E veniamo in Italia, con due notizie fresche fresche di oggi.
La prima è l’allarma lanciato da Confindustria che dice in buona sostanza che il 4 maggio è vicino (per le aziende vicinissimo) ma che non ci sono direttive chiare su “chi deve fare cosa e come” per le riaperture in sicurezza. Vorrei ricordare al Governo (anche se di certo non ascoltano me) che il nuovo Presidente di Confindustria non è uno che fa sconti a questo Governo, anche perché non ha mai nascosto la sua anima di “lumbard”, detto senza nessuna polemica politica. Ma è molto grave che ad oggi manchino una serie di informazioni molto importanti per poter riaprire non solo le fabbriche ma tutto quel comparto produttivo nazionale che sostiene il Paese: negozi, professionisti, piccole imprese e molto altro. Dopo l’accordo Governo-Confindustria di un mese fa, nulla: peraltro anche il quel documento il nulla regnava sovrano, perché dire che c’era l’impegno delle parti a riaperture concordate e condivise mi pare molto vicino alla scoperta dell’acqua calda. Poi stasera sentiremo l’ennesima conferenza stampa del Presidente del Consiglio, sperando che almeno stavolta non sia un paternalismo da libro Cuore ma sia qualcosa di più. Purtroppo chi vive sperando………
Poi c’è l’allarme, pubblicato oggi sul quotidiano “il Tempo” di Roma che paventa la possibile non riapertura di un hotel su tre a Roma, questo perché i costi ci sono lo stesso (ad esempio gli affitti) e la CIGS ai dipendenti non è stata erogata. Lo dice Francesco Gatti, presidente di Assohotel Roma e Lazio che paventa una crisi che potrebbe durare due anni almeno e della quale pare (dico pare) si stia facendo carico il Comune di Roma, che dovrebbe far da portavoce verso il Governo centrale. Speriamo, ma vale la frase di prima sulla speranza. Le tasse (Imu, Tari, Tasi, ecc, le bollette e tutto il resto) gravano ancora sulle teste degli albergatori romani ( e non solo romani), e pensare ad una crisi duratura visto come stanno andando le cose non mi pare poi così fuori dal mondo. Credo che la richiesta di una moratoria di almeno tre anni (magari facciamo due, dai) su tutte le imposte che gravano sul turismo sia sensata, e dovrebbe essere applicata da subito, magari anche rivedendo le ridicole norme di cui si parla in questi giorni per l’estate, che sarà certamente un’estate semplicemente folle, ma non per il divertimento.
In altri termini, ripeto quello che vado dicendo da giorni, ovviamente inascoltato: fate qualcosa e fatelo subito, perché questo Paese è in seria difficoltà, non possiamo ancora aspettare i bizantinismi governativi e le lotte di quartiere tra i partiti. Fate presto, ne va del futuro di tutti.