Hafedh Chouchane, Erial Ahmadi, Slim Agrebi, Alì Bakili, Lofti Ben Mesmia, Ghazi Hadidi, Artur Iuzu, Salvatore Sasà Piscitelli e Abdellha Rouan.
Tutti nomi sconosciuti, che non diranno nulla a quasi nessuno, ma che hanno finito la loro esistenza terrena esattamente un anno fa, dentro al carcere S. Anna di Modena.
Siamo all’inizio dei primo periodo di lockdown nazionale, e succedono un sacco di cose, tra cui rivolte in alcune carceri italiane, compresa la struttura di Modena; un carcere abbastanza nuovo, costruito in periferia dove sono alloggiati detenuti per lo più stranieri, come ormai capita quasi ovunque.
Il 9 marzo scoppia una rivolta al S. Anna, molto violenta, che vede protagonisti moltissimi detenuti e, ovviamente, le Forze dell’Ordine accorse in massa per sedare gli scontri che vennero descritti all’epoca molto violenti. Escon0 alcune notizie che parlano di alcune vittime, prima due, poi cinque, poi non si sa, poi alla fine il bilancio ufficiale si ferma a nove morti.
La spiegazione ufficiale, alla quale non ho motivi per non credere, dice che i rivoltosi hanno raggiunto l’infermeria del carcere, hanno distrutto tutto e si sono bevuti alcuni flaconi di metadone, morendo in sostanza di overdose.
Nessuna polemica, nessuna discussione, nessuna inchiesta ufficiale, poche righe sui quotidiani locali, uno strano silenzio attorno ad un episodio che, comunque siano andate le cose, è di una gravità unica.
Solo ieri, dopo un anno, un gruppo di manifestanti, non credo autorizzati, si ferma nel parcheggio del carcere a ricordare questo oscuro episodio.
Io francamente rimasi davvero atterrito davanti a quella storia, ma mi resi subito conto che, in fondo, fregava poco e niente a nessuno, né dei nove morti tra i detenuti né dei (mi pare) cinque feriti tra gli agenti delle forze dell’ordine.
Ovviamente, viene facile dire “eh, ma se erano lì è perché se lo sono meritato”, io prendo atto della frase in sé, non conosco i motivi delle carcerazioni e non esprimo giudizi su cose che non conosco. Quello che so, sia indirettamente dalle cronache locali sia direttamente da un paio di persone che sono intervenute, è che la violenza dell’episodio è stata fortissima; ma nessuno ne ha parlato.
Chi poi ha contribuito alla ricostruzione del carcere ha detto solo una frase: “non c’era più niente”, rendendo ancora più cupa, se possibile, la cosa.
Io resto però stupito di fronte al silenzio che c’è stato e c’è ancora davanti a nove morti: che fossero o meno delinquenti, non dovevano morire così.
Se qualcuno dei pochi che mi leggono vuole attaccare il pippone dello “straniero che qui viene solo a fare casino o peggio”, non fatelo vi prego: credo che davanti a nove morti non sia il caso.
Non conoscevo quelle persone, non accuso nessuno, non faccio dietrologie da avanspettacolo, ma vorrei solo ricordare, con umana pietà, i nomi di quegli sconosciuti che nemmeno con la morte hanno avuto un attimo di notorietà.
E questo silenzio (anche oggi non ho letto né sentito nulla in merito, nemmeno qui a Modena) mi atterrisce: nove morti non valgono nemmeno un minuto di ricordo di un episodio tremendo e dai confini quantomeno torbidi.
Finisco esprimendo la mia piena solidarietà a chi quel giorno intervenne per sedare la rissa, Donne e Uomini delle Forze dell’Ordine sempre in prima linea.