Gira da ieri questa vignetta che, se non fosse tragica, farebbe anche ridere. Ma non fa ridere perché il Mose, quello di Venezia, non funziona.
Costruito per proteggere i tesori della città lagunare, oggi sta palesemente dimostrando che non funziona e che la città, nonostante tutto, continua ad essere regolarmente ed allegramente allagata ad ogni marea che coincida con particolari condizioni atmosferiche.
A seguito dell’alluvione del 4 novembre 1966, durante la quale Venezia, Chioggia e gli altri centri abitati lagunari vengono sommersi da una marea di 194 cm, viene promulgata la prima Legge speciale per Venezia (Legge n. 171/1973), che dichiara il problema della salvaguardia della città “di preminente interesse nazionale” (!!), e da qui comincia l’incubo.
Il Ministero dei Lavori Pubblici indice nel 1975 un appalto concorso ma la procedura si conclude senza che si possa scegliere un progetto da realizzare fra quelli presentati, perché i progetti presentati non vengono giudicati sufficienti per soddisfare le richieste.
Il Ministero dispone pertanto l’acquisizione degli elaborati presentati al concorso, che vengono affidati a un gruppo di esperti al fine di elaborare un progetto per la conservazione dell’equilibrio idraulico della laguna e la difesa di Venezia dalle acque alte, il “Progettone” del 1981.
Qualche anno dopo, un’altra Legge Speciale (798/1984) sottolinea la necessità di affrontare in maniera unitaria gli interventi di salvaguardia, istituisce il Comitato di indirizzo, coordinamento e controllo di questi interventi e ne affida la progettazione e l’esecuzione ad un unico soggetto, il Consorzio Venezia Nuova, cui viene riconosciuto di possedere le capacità competenze necessarie per gestire il complesso delle attività di salvaguardia.
Il Magistrato alle Acque – Consorzio Venezia Nuova presentano un articolato sistema di interventi per la salvaguardia di Venezia (Progetto REA Riequilibrio e Ambiente) che prevede opere mobili alle bocche di porto per la regolazione della marea in laguna. In questo ambito dal 1988 al 1992 sono state eseguite sperimentazioni sul prototipo di una paratoia (MOdulo Sperimentale Elettromeccanico, da cui il nome MOSE); nel 1989, la stesura del progetto preliminare di massima delle opere mobili, ultimato nel 1992, in seguito approvato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, sottoposto a procedura di valutazione di impatto ambientale e a ulteriori approfondimenti richiesti dal Comitatone.
Nel 2002 viene presentato il progetto definitivo, il Comitatone del 3 aprile 2003 dà il via alla sua realizzazione e nello stesso anno vengono aperti i cantieri alle tre bocche di porto di Lido, Malamocco e Chioggia.
Già così ci sarebbe da inca….rsi parecchio: dal 1966 al 2003 solo per far partire i lavori, ma siamo solo all’inizio.
Tra giugno e settembre 2012 è stato ultimato il posizionamento dei cassoni di alloggiamento delle paratoie della barriera di Lido nord; tra marzo e maggio del 2013, le prime paratoie sono arrivate a Marghera, sono state assemblate agli elementi maschi delle cerniere, predisposte per essere installate e messe in funzione per la prima volta il 12 ottobre. A novembre 2013 è iniziato il varo dei cassoni di alloggiamento per la barriera sud della bocca di Lido, costruiti alla bocca di Malamocco, ultimato nell’aprile 2014. Nel mese di giugno 2014, diventa operativa la conca di navigazione di Malamocco per le navi dirette a Porto Marghera e inizia l’installazione dei cassoni di alloggiamento delle barriere di Chioggia e Malamocco, che saranno ultimate rispettivamente a ottobre dello stesso anno. Entro la fine del 2014 avrebbe dovuto essere ultimata la barriere di Lido Nord con l’installazione delle altre paratoie, ma nell’aprile 2015 esse non risultavano ancora installate. Se fate i conti sono passati altri 12 anni senza che, di fatto, sia finita l’opera più imponente del Veneto (e forse d’Italia) che prevedeva anche una serie di interventi sulle spiagge, su Marghera e su tutto il litorale davanti a Venezia.
In questi anni ci saranno state almeno una quindicina di acque alte in città, ovviamente ogni anno, e nel frattempo la città ha proseguito il suo fenomeno di subsidenza, abbassandosi progressivamente, tanto che si paventa che Venezia possa sparire in pochi anni.
Intanto, a sparire sono stati soldi (nostri) e anche tanti, perché intorno al Mose si è mossa molta politica ed altrettanto malaffare.
Secondo La Stampa, la stima di inizio lavori era di un costo di 1.6 miliardi di euro (nostri) , che ad oggi sembrano magicamente lievitati a 5,5 (nostri); pare però che, per finire l’opera, ci vogliano almeno altri 700 milioni di euro (nostri) e che il funzionamento delle dighe mobili abbia un costo ci almeno 150 milioni di euro (nostri) per ogni anno di attività. Fate i conti voi, io mi sono perso ai primi miliardi.
Oltre a questo, l’inizio “vero” del funzionamento del Mose slitta (pare) al 2022, ma le prove realizzate in questi ultimi mesi dimostrano che il sistema è piuttosto “fragile”, sia perché pare che il sale del mare abbia eroso l’acciaio delle strutture (miracolo!! Il sale è corrosivo, non lo sapeva nessuno!!) e che, anche per questo motivo, il centro di controllo del Mose situato all’Arsenale di Venezia abbia seri problemi a far funzionare il tutto.
Dal 2014 al 2017, in aggiunta, si susseguono le indagini sul Mose e sulle mazzette (strano, però); si contano 6 filoni di indagine che toccano le società realizzatrici, la campagna elettorale del Sindaco Orsoni e anche il defunto Ministro Matteoli, uno dei più strenui difensori del Mose. Milioni di tangenti, accuse, difese, condanne, il solito cucuzzaro insomma.
Nulla di nuovo: opere colossali mai finite, tempi biblici, mazzette, sequestri, accuse, condanne….
E intanto i veneziani (i pochi eroi rimasti) si arrangiano con le assi di legno davanti ai portoni delle case e davanti ai negozi.
Venezia sott’acqua buona solo per le foto dei turisti.
Forse con un accento diverso sarebbe andata in un altro modo.
Che tristezza.