Oggi spengo sulla politica.
Spengo sulle polemiche mal fatte, sulla Costituzione citata a casaccio, sui libri di Cottarelli che hanno una pagina in meno, sulle presenze televisive più o meno discutibili, sullo spread, sull’impeachement, su tutto.
E spengo perché oggi il mio pensiero va al 29 maggio 2012.
Il 20 maggio 2012 a Modena e dintorni c’era già stato un terremoto, che aveva fatto qualche danno e poche vittime (anche se le vittime, poche o tante, sono e restano tali). Qualche verifica, molta paura, ma si torna al lavoro perché qui da noi il terremoto non si era mai visto e allora si torna in fabbrica, in ufficio, a maggior ragione dopo la prima scossa.
E invece, il 29 maggio alle 09.03 una scossa del 6 grado colpisce le stesse zone e fa male, molto male.
Io non ero a Modena, ma c’era un pezzo della mia famiglia, i miei amici di una vita, le strade e le case che conosco a memoria.
Ci sono tornato anni dopo da queste parti, e vi devo dire che alcune zone non le ho nemmeno riconosciute: ho cercato la chiesetta di San Prospero, il campanile era stato il mio riferimento del mio primo lavoro. Semplicemente, il campanile non c’era più. Come tanti altri campanili, chiese, pievi, case e fabbriche.
Anni dopo ho lavorato nel cratere del terremoto, ho conosciuto ancora più da vicino la realtà tremenda di quell’evento imprevedibile, drammatico, ma ho conosciuto anche quel senso di comunità tipico della mia terra, quello che magari ci litighi con il tuo vicino ma se ha bisogno tu ci sei, quello della Pubblica Amministrazione non certo perfetta ma che almeno ci prova. Qui non ci sono stati (se non in minima parte) i teatrini del “vi saremo vicini”, “ricostruiremo tutto”, “non vi abbandoneremo” anche perché sarebbero stati sommersi (e in parte lo sono stati) dall’ironia dei modenesi e dalla loro voglia di concretezza.
Gente solida, forte che vuole vivere nel suo territorio che ama e rispetta.
Si è fatto molto, non si è fatto tutto, rimangono ancora edifici storici da sistemare, ma il grosso qui è stato fatto.
Anche stavolta il ricordo deve andare a chi ha prestato soccorso, Vigili del Fuoco, Polizia, Carabinieri, Volontari, Protezione Civile, Medici, Infermieri, chi ha scavato con le mani e chi qualcuno lo ha salvato sul serio.
Dicono che l’Emilia sia un modello da esportare: credo di sì, non siamo perfetti ma “facciamo sistema”, perché solo così si può uscire dalle strettoie di cose come questa.
A tutti gli amici che in quei giorni hanno subito danni, lutti e paura dico solo una cosa, e la dico in dialetto: tgni bota, ragas.