Una massa di diseredati è in cammino, dall’Honduras, in Centro America, verso gli Stati Uniti.
Hanno lasciato i loro poverissimi villaggi, le città bianche, dove si muore di fame o di omicidio politico, percorse da bande di delinquenti vigilati da una polizia corrotta fino al midollo, governate da dittatori corrotti e assassini che si reggono in piedi con il traffico di droga, con i soldi degli Stati Uniti, con gli inutili programmi dell’ONU, con le armi vendute dagli Americani.
Percorrono migliaia di chilometri a piedi, attraversando fiumi e montagne, regioni desolate e poverissime, dove la dittatura e la violenza sono endemiche, evitando la carretera andina, per scansare i blocchi della polizia e delle forze armate dei vari Paesi da attraversare, che stanno ancora peggio dell’Honduras.
Hanno superato il Guatemala, sfiorando El Salvador (dove hanno ammazzato il vescovo Romero, mentre celebrava la messa, tardivamente santificato) e il Belice (se arrivi all’aeroporto, ti scortano in città con le camionette armate di mitragliere). Ormai, sono arrivati in Messico, per attraversarlo fino ad arrivare alla frontiera nordamericana.
Vanno a piedi, uomini, donne e bambini, vecchi, intere famiglie con pochissimi stracci addosso e qualche borsone, diseredati tutti, decisi a morire piuttosto che a tornare indietro.
Quanti saranno? 7/8/10 mila? Quanti ne moriranno di fame o di sete o di malattia prima di arrivare alla frontiera? Quanti se aggiungeranno, lungo il percorso messicano? Quanta rabbia e quanta disperazione porteranno, in quel Messico violento che ribolle di frustrazioni nazionalistiche, di droga, di omicidi?
E soprattutto, chi li ha organizzati, come si sono messi in contatto fra loro? Non certo per e-mail o per telefono o con i piccioni viaggiatori. Parliamo di gente che ha un reddito di 10 dollari l’anno, gli occhi per piangere, se non hanno il tracoma e una fame endemica.
Non so a chi sia venuta in mente questa follia, ma lasciamo stare queste domande. Sono troppo intellettuali. Non m’importa chi c’è dietro di loro, se qualcuno ha organizzato il tutto.
M’interessa, invece, cosa accadrà quando arriveranno alla frontiera nordamericana.
Trump, con il suo cesareo piglio da imperatore dell’Occidente, ha già deciso. Sospenderà gli aiuti all’Honduras, così il Paese starà ancora peggio. È la stessa logica per cui, invece di proibire le armi nelle scuole, ha proposto ai professori di armarsi.
Ma non basta. Il muro tra il Messico e gli Stati Uniti, già iniziato e rafforzato da Clinton e da Obama (premio Nobel per la pace) non è completato. Trump, ovviamente voleva farlo con i soldi dei Messicani, ma gli hanno risposto picche. È come mandare il costo di una fucilazione ai parenti del fucilato. Allora, l’ha già detto, schiererà l’esercito, perché la Guardia nazionale non basterà. E poi?
Che faranno, spareranno sul mucchio? Manderanno avanti i carri armati a schiacciare un po’ di gente? Oppure un po’ di missili in dono a donne e bambini? Marmellata honduregna. A due settimane dalle elezioni di mezza stagione presidenziale, rischia di aver il Nobel per il massacro.
In Europa abbiamo i nostri problemi. Per fortuna ci divide il Mediterraneo dall’oceano della povertà. Nel continente americano si va per via terra, la strada è lunga, ma se ci arrivano, in America, esplodono tutte le contraddizioni di un sistema di potere che affama la gente e che ha le sue radici proprio negli Stati Uniti.
Questo sistema è moralmente marcio. Si allea con il peggio del mondo per lucrare, dividere, sfruttare. La gente muore di stenti, a milioni, e non sa quanto è fortunata. Se fosse all’opposizione, in Arabia Saudita, la farebbero a pezzi. Letteralmente, come hanno fatto con Kashoggi.
Un giornalista che critica il reggente saudiano merita la morte. Lo posso anche capire perché è contro un sistema politico voluto da Allah. Ma tagliarlo a pezzi con una sega di Stato saudita è enorme. Con questa gente non ci può essere accordo, negoziato, affidabilità. Sono bestie, solo bestie.
Trump, però, non la pensa così. L’Arabia Saudita è un alleato troppo importante per gli Stati Uniti, perché è contro Teheran. Poi, ha tanto petrolio, compra tante armi dagli Stati Uniti che servono per massacrare un po’ di gente nello Yemen. La sparizione di Kashoggi è stato solo incidente di percorso, dice Trump.
Abbiamo parlato malissimo di Hitler e di Stalin, ma almeno i loro oppositori non li facevano a pezzi. Li deportavano, li torturavano, li fucilavano, li gassificavano. Erano quasi meglio.
L’orrore che pervade il mondo, la bestialità dei suoi esecutori, la tragicità di questi eventi non lasciano neppure spazio all’immaginazione. La forza della povertà è il numero, la forza del potere nasce dal denaro. E di denari ne circolano tanti.
Paesi ricchi come il Congo o il Venezuela o la Nigeria sono alla fame. Tutto il Centro America è in ebollizione, l’Argentina è sull’orlo dell’ennesimo default, non parliamo del Brasile, il gigante sudamericano che non decolla mai e del Messico che aspira da un secolo a essere una grande potenza e non ci riesce. Tutti sono avvolti da una rete d’interessi che affama la gente, uccide la democrazia, opprime la libertà di pensiero, fa dell’omicidio politico una ragione di Stato.
La marmellata honduregna è un colpo al cuore del sistema esaltato dall’imprevedibile diplomazia trumpiana. Finirà in un massacro la marcia dei poveri?
Roma, 23 ottobre 2018