L’ideologia del buco (di Stelio W. Venceslai)

Dopo tanto dire, promettere e tentare di fare, i 5Stelle sono di fronte ad una realtà sgradevole: i problemi da risolvere aumentano, le soluzioni sono complesse, decidere significa sempre scontentare qualcuno.

Partiti in un momento storico neppure tanto lontano, hanno interpretato il senso di distacco dalla politica della maggior parte degli Italiani, incanalandolo verso una forma democratica di dissenso e di protesta. Nessuna violenza, come invece sta accadendo in Francia con i gilet gialli, ma totale contestazione di uomini, di fatti e d’idee. I risultati si sono visti, con una crescita esponenziale di consensi fino a portarli, nel giro di pochi anni, a responsabilità di governo. Avrebbero voluto governare da soli ma il risultato elettorale è stato eccellente ma non tale da farli governare da soli.

Dopo aver rifiutato qualunque compromesso con qualunque partito ed essere a sua volta contestato e quasi schifato dall’establishment politico tradizionale, alla fine l’operazione giallo-verde con la Lega ha ottenuto la faticosa benedizione del Presidente della Repubblica. Non c’erano altre possibilità.

A questo punto sono cominciati i veri problemi, perché governare è molto più complicato del fare opposizione.

Come tutti i novizi in possesso di un’arma nuova, hanno cominciato a sparare su tutto e su tutti, come se la riforma del mondo non solo dipendesse da loro, ma fosse anche possibile. Sono le illusioni della giovinezza.

Poi, quando si ha a che fare con la gente, che ti vota se gli dai qualcosa e non ti vota se la metti per istrada, le cose si sono complicate. Mentre Salvini, più furbo, s’è preso il Ministero degli Interni, dal quale può spaziare anche troppo, favorito dall’ostilità strisciante nazionale nei confronti degli immigrati, Di Maio ha preteso l’Industria e il Lavoro, competenze da far paura, con le acquisizioni estere, i sindacati, gli scioperi, le chiusure, gli imprenditori (amabilmente definiti dai più accesi grillini: i prenditori”), la stampa, l’Europa e così via.

Salvini ha fatto il pieno dei consensi, bloccando l’immigrazione, Di Maio ha cercato di fare lo stesso con il reddito di cittadinanza, ma la faccenda è molto più complicata del previsto e non si sa se andrà finalmente in porto.

Su tutte le altre questioni in ballo, dalla TAP all’ILVA, tanto per citare le più grosse, il Movimento è stato costretto a scendere a più miti consigli. Dopo aver sparato a zero quando era all’opposizione sul sistema bancario e contro gli interventi del governo di allora, oggi sul caso Carige copia pedissequamente le stesse regole, applicate nei confronti delle banche venete, che aveva contestato quando era all’opposizione.

Via via le provocazioni innovative si perdono per strada, come la chiusura dei negozi nei giorni festivi. Non parliamo, poi, delle sparate contro l’Unione europea, che hanno portato a nulla, salvo la scalata dello spread, o contro la Francia, con una notevole perdita di attendibilità complessiva per il Paese.

Le recenti elezioni in Abruzzo hanno dato ragione alle previsioni: il Movimento perde consensi. Le ragioni possono essere opposte, o perché non è riuscito a imporre la sua visione ambientale, conservatrice e diffidente nei confronti di tutto ciò che è pregresso, o perché ci si è resi conto della fragilità delle sue prese di posizioni nella pratica di governo. O sono dei sognatori o sono degli incapaci.

La confusione più evidente è nel caso della famigerata TAV, osteggiata sin dagli inizi del Movimento come progetto inutile economicamente, dannoso dal punto di vista ambientale, eccessivamente costoso e tale da favorire corruttele e tangenti. Un punto fermo, tradizionale, di opposizione “ideologica”. Quando non si ha una matrice intellettuale, tutto può diventare ideologia, anche un buco sotto una montagna.

Ora, i nodi vengono al pettine. Il famoso studio commissionato dal Ministro Toninelli sembra fare acqua da tutte le parti. Nulla di male, ognuno la pensa come può, ma è paradossale sostenere che una delle ragioni per essere contro la TAV è che se si va con il treno si consuma meno benzina e quindi lo Stato ci rimette sulle accise sui carburanti.

Ma come, non s’è detto, per anni, che occorre passare dalla strada alla ferrovia proprio per ridurre l’inquinamento, l’usura dei mezzi e delle autostrade, la mortalità e i costi delle assicurazioni?

Non si può ignorare, poi, che l’accordo con la Francia è stato varato con ben quattro ratifiche parlamentari e che occorrerebbe una legge per dismettere il tutto, pagare penali, perdere i contributi europei e condannare almeno tre Regioni, Piemonte, Lombardia e Veneto, all’isolamento dalle grandi correnti di traffico europee.

La Lega è a favore della TAV. Globalmente, il Paese non è contrario alla TAV. Ovviamente, le Regioni interessate la vogliono e l’idea generale è che tutti i partiti al Parlamento siano favorevoli alla TAV, salvo il Movimento. Quindi, se si andasse a votare una legge per dismettere tutto, questa legge non sarebbe approvata.

Se la TAV non si fa, almeno al momento, è perché il Movimento non può perdere la faccia con i suoi elettori su questa faccenda. Forse preferisce immolarsi con un no del Parlamento, ma questo favorirebbe una crisi di governo che nessuno vuole prima delle elezioni europee.

Dunque, andiamo avanti con l’ideologia del buco e non ci lamentiamo se il nostro povero Presidente del Consiglio viene sbeffeggiato al Parlamento europeo e definito un “burattino” nelle mani d’incapaci. Conte è una persona perbene che si spende un po’ dovunque per salvare la faccia a un governo che è riuscito a farsi opposizione da se stesso. D’altro canto, visto che l’opposizione in Parlamento non esiste, il governo fa tutte e due le parti.

A fine febbraio si voterà in Sardegna e, più tardi, in Piemonte, proprio il giorno, credo, delle elezioni europee. Almeno in Piemonte, se il Movimento insiste sulla sua opposizione alla TAV, ci sarà un’altra frana peggiore che in Abruzzo. Un disastro premonitore di altri.

Potranno anche passare dall’idea del Movimento a quella di un partito vero, come propone Di Maio, ma è solo un altro passo indietro rispetto al passato. Non è facile rappattumare consensi accantonando il buon senso.

Torneranno a casa con il buco.

Roma, 14/02/2019

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