Avevo pensato di non dire nulla sull’omicidio di Emmanuel avvenuto a Fermo, ma dopo aver letto un po’ di tutto, voglio dirvi il mio umile e controcorrente pensiero. Vi avviso che il mio post non piacerà a molti, ma il bello della rete è proprio questo: scrivere e leggere di tutto, beccarsi gli insulti e andare avanti.
A me da dove venisse quest’uomo importa più o meno niente, la sua storia precedente può fare da substrato a molte discussioni sulla vita, sull’immigrazione, sulla fortuna o sulla sfortuna, sulla capacità di vivere, sulla capacità di adattamento, sulla capacità di accoglienza, e tanto altro, ma nulla cambia riguardo l’episodio di cui stiamo discutendo.
Un uomo, un marito, un padre di famiglia è morto. Questa è la verità, che vale per lui come per tanti (secondo me troppi) altri morti che ci sono tutti i sacrosanti giorni, e non solo da noi. Ma se un uomo muore per mano assassina di un altro uomo, magari dopo una lite nata o per un insulto o per Dio solo sa cosa, ma quale è il problema legato alla sua storia precedente, quale è il senso dei tanti, troppi distinguo che leggo da una parte e dall’altra, che non sono fatti per chiarire la vicenda, ma solo per cavalcarla a fini politici o di “filosofia di vita”. Ho letto da subito una montagna di commenti “pro” da parte di chi nega l’evidenza dei fatti, e cioè che il fenomeno migratorio si porta dietro (ed è sempre stato così) anche un tasso di criminalità elevato. In questo caso, però, non c’entra nulla perché ad essere ammazzato è un immigrato, ma cavalchiamo anche questo per dire che “abbiamo ragione noi” e ” che dobbiamo accogliere chiunque”. Sbagliato, molto sbagliato.
Poi, dopo la pubblicazione di alcune testimonianze, ecco i fautori del “buttiamoli tutti a mare”, e del “a casa loro, non a casa nostra”, o del “ma lo vedi che sono tutti delinquenti”, o del “Eh, ma non si può giudicare così in fretta”, che sono poi gli stessi che appena vedono una zingara le addebitano tutti i furti avvenuti nel raggio di 300 metri negli ultimi 20 giorni. E lì non vale la necessità di verifiche dei fatti, sono tutti delinquenti, punto e basta.
Bene, lasciatemi dire che entrambe le posizioni, di fronte alla morte, a me sembrano piuttosto fuori luogo, così come lo sono sempre i distinguo tra le parti: un uomo è morto, nothing else.
E buon senso vorrebbe che tutti, oggi, non facessimo né gli investigatori né gli studiosi di antropologia criminale, ma solo che lasciassimo alle Autorità competenti il compito di indagare e verificare i fatti, e che provassimo a tacere, almeno oggi, guardando la morte di un uomo.
Ma non siamo capaci, arrivederci al plastico di Vespa e alle disquisizioni dotte tra Salvini e Alfano.
Io mi limito a sperare che Emmanuel possa trovare pare e che la sua famiglia ( o quello che ne rimane) trovi una vita migliore di quella che ha avuto finora.