Mi permetto di dirvi la mia su quanto sta succedendo a Roma, senza avere la pretesa di illuminare qualcuno, ma solo per aggiungere il mio contributo.
Le persone che domenica hanno manifestato sotto il Campidoglio possono essere considerati “gli irriducibili” che ci sono sempre e per chiunque, ma hanno dimenticato o fanno finta di non sapere il vero motivo per cui la stragrande maggioranza dei Romani non vuole più Ignazio Marino Sindaco di Roma: la sua evidente incapacità di governare la città, la sua “distanza” dalle persone, il suo modo freddo e distante di comunicare. Pensare che tutto giri intorno a 4 scontrini è veramente da persone poco attente alla realtà; lui qui a Roma ha semplicemente replicato il suo modo di fare che già si era evidenziato con la vicenda americana, dove si perdona quasi tutti tranne le note spese false.
Che poi sia stato costretto alle dimissioni su questa vicenda ci sta, succede spesso, ma io trovo che sia un modo pessimo di fare politica perché i Pubblici Amministratori vanno giudicati, prima di tutto, dalle scelte gestionali che fanno sul territorio che amministrano, poi sulla possibile evidenza di furti da pollaio. Ecco, sulle capacità amministrative di Marino ho sempre nutrito fortissimi dubbi, così come sul fatto che sia stato lui a fare luce sulla questione Mafia Capitale: lo ha fatto la Magistratura, e lui ha subdolamente approfittato della vicenda per ergersi a paladino dell’onestà, scordando che metà della sua giunta è stata messa in mezzo dalle indagini. Poi vedremo le risultanze processuali, ma per questo ci vorrà tempo, come al solito.
Oggi Marino sta sparigliando le carte di un PD romano in caduta libera, e non basta certo Orfini a rimetterlo in piedi. Mettendo dei dubbi sulle sue dimissioni (che secondo me ha clamorosamente e rumorosamente ritirato ieri col suo “discorso dal balcone”), cerca una vita d’uscita politica che più o meno potrebbe suonare così: “Guardate, io non me ne vado, ritiro le dimissioni, vado in Consiglio Comunale e faccio la conta di maggioranza, se volete farmi fuori dovete far dimettere i consiglieri di maggioranza perché altrimenti apro il libro sul PD romano e vi faccio male”, minaccia verso il PD. L’alternativa è che gli venga offerta un’altra poltrona politica, avendo di fatto ormai perso tutta la professionalità medica che, invece, secondo me, era il suo plus.
In tutto questo sia lui che gli altri professionisti della PA si stanno scordando che questa non è una cittadina di provincia qualsiasi (che meriterebbe comunque rispetto da chi la amministra), ma è la Capitale del Paese, che sta lentamente scivolando nella china della non-gestione o, peggio ancora, nella autogestione. Vedo in questi giorni Vigili Urbani incattiviti in zone della città dove non li vedevo da almeno tre anni, autovelox a tutto spiano, carri attrezzi, ganasce che mi danno l’idea di una sorta di canto del cigno: “Vedete come sono bravo ad amministrare Roma?” per chi ci crede.
Il futuro di Roma è nelle mani di chi? Per ora non oso dirlo, ma i nomi dei candidati che, per ora, sono apparsi mi sembrano solo destinati a bruciarsi nella lunga attesa della campagna elettorale che inizierà (forse) dopo un periodo di commissariamento che non credo sarà brevissimo. Forse sarebbe ora di pensare che per raddrizzare l’amministrazione capitolina, ammorbata da anni e anni di pessima gestione, ci vorrebbe un Commissario straordinario di alto profilo, magari proveniente dalle Forze Armate che, senza guardare in faccia a nessuno, sia in grado di fare pulizia vera nei meccanismi ingarbugliati della città per poi restituirla ad una politica nuova, che non abbia a rispondere di alcun clientelismo.
Scelta poco democratica? Certo, ma non è più democratico continuare a pensare che “il prossimo sarà meglio di questo”, frase che diciamo da sempre ma che si dimostra ogni volta sbagliata.