Ho molto sperato, personalmente, che questo nuovo governo, venuto su dopo una lunga stagione di polemiche, fosse il governo del cambiamento promesso e auspicato.
Inevitabili certi ritardi, certe gaffes, certe evidenti ignoranze da parte di chi, non avendo mai governato, si trovi a dover affrontare polemiche e difficoltà, certamente sottovalutate. L’opposizione strisciante dei media ha fatto il possibile per dilatare ogni differenza, ogni contrasto, ogni piccola inezia, pur di dare la sensazione all’opinione pubblica di un manipolo di sventurati alle prese con un’avventura più grande delle loro possibilità. Ora, però, si cominciano a tirare le somme e non è possibile far finta di niente.
La questione della nave Diciotti, con la decisione del Tribunale dei Ministri di Catania di portare il Ministro dell’Interno e Vice Presidente del Consiglio Salvini sul banco degli accusati può forse essere discutibile sul piano giuridico, ma la polemica politica subito dopo esplosa è inconcepibile.
Come fa il Movimento 5Stelle, in sede di Comitato per le autorizzazioni a procedere, a smentire il Ministro dell’Interno, supportato da una decisione di Governo di cui uno dei due Vice Presidenti è il capo del Movimento, a chiedere l’autorizzazione a procedere, rinviando il tutto al Parlamento? Se ne lava le mani, pilatescamente, oppure rivendica l’azione del governo cui partecipa?
I puri e duri del Movimento sostengono che nella loro tradizione e addirittura nel loro DNA hanno sempre sostenuto che i Ministri devono essere processati come tutti i cittadini. Quali tradizioni, quale DNA in un movimento raccogliticcio (in senso buono), dove sono confluite tante anime, di diversa estrazione? Asserzioni di questo genere sono stupidaggini. Stare all’opposizione è un conto, governare è un altro. La politica è l’arte del compromesso (ahimè), ma è anche quella della duttilità. Il rigore delle regole pre-concepite urta contro la realtà dei fatti. Mi chiedo, se tutto il governo fosse stato messo sotto accusa dal Tribunale di Catania, i 5Stelle sarebbero altrettanto coerenti (o incoerenti)? Capisco il rigore, ma muoia Sansone con tutti i Filistei, in politica, è un suicidio.
Altro tema è quello delle grandi opere. A seguire i dibattiti sul tema, le grandi opere sono praticamente ferme, anche se ci sono i soldi per farle. Perché sono ferme? Se c’è un Paese che ha bisogno delle grandi opere, come moltiplicatore di attività e di occupazione, quello è l’Italia. Si dice: dietro le grandi opere ci sono corruzione e tangenti. Sarà, ma perché fermarle? S’indaghi se è vero ma, per l’intanto, si proceda. Il cambiamento proclamato si traduce nel fermo di tutte le iniziative che possono dare lavoro. Sembra che Keynes, per chi l’ha letto, non abbia insegnato nulla. Peggio ancora per chi non l’ha letto.
La questione della TAV, come altre, è ridicola, così come è assurdo che il famoso studio commissionato da Toninelli a degli esperti sia stato comunicato alla Francia e sia ancora secretato in Italia. Dice Toninelli: è una questione degli esperti. No, è una questione politica, visti anche i nostri non facili rapporti con la Francia.
A proposito di Francia, poi, il ritiro provvisorio dell’Ambasciatore francese in Italia è cosa grave. Non accadeva dal 1940, quando ci fu la nostra sciagurata dichiarazione di guerra. Di Macron si può dire, politicamente, tutto il male possibile, ma che cosa avremmo detto noi se la Le Pen oppure un alto esponente dell’intellighenzia politica sovietica fossero venuti in Italia a consultarsi e a farsi fotografare con qualche esponente delle Brigate Rosse, incitandoli a continuare?
Forse nulla, visto che non abbiamo neppure richiamato il nostro Ambasciatore da Brasilia quando quel Paese accoglieva, quasi onorato di tanta presenza, un assassino in contumacia, come Battisti, e neppure il nostro Ambasciatore da Parigi, quando la Francia accoglieva, come accoglie tuttora, i nostri terroristi.
Come si può familiarizzare con il gilet gialli, che sono certamente anti–Macron e, allo stesso tempo, simpatizzare per Maduro in Venezuela, perché democraticamente eletto? La posizione italiana è inesplicabile. Dice Di Maio che in uno spazio aperto come quello europeo tutti possono colloquiare tra loro. Ha ragione, ma l’Europa non serve solo per sobillare rivolte ma anche per altre cose. E, su questo, invece, si è larvatamente europei, solo quando conviene. Abbiamo troppi interessi in comune con la Francia per comprometterli: 60 miliardi d’investimenti francesi in Italia, 26 miliardi quelli italiani in Francia e molte partite in sospeso: la Fincantieri, l’Alitalia, la Tav.
Si continua a propagandare con immarcescibile sicurezza che i nostri dati economici sono esatti e che sbagliano tutti gli altri: l’Unione europea, il Fondo monetario, la BCE, la Banca d’Italia, le agenzie di rating, gli studiosi più accreditati di economia. Sarà anche vero, ma ci vuole più coraggio a smentire che ad operare. Infatti, le cose nel nostro sistema vanno di male in peggio. No, non c’è recessione, è solo “tecnica”, dice il MInistro Tria, un aggettivo magico per calmare le acque. Ma che significa? Calano i consumi, cala la produzione industriale, l’occupazione è ferma, gli investimenti non si fanno, le aziende o se ne vanno o sono acquistate da stranieri.
Par di sognare quando Di Maio e soci propongono le nazionalizzazioni dopo che abbiamo smantellato l’apparato delle partecipazioni statali e svenduto il meglio, tra l’altro, proprio a beneficio dei Francesi.
Taranto è stata sistemata, almeno per ora, dopo miliardi buttati al vento. Delle acciaierie volevano fare un giardino per i pensionati dell’ILVA.
Il gasdotto in Puglia si farà, nonostante la sciocca opposizione di taluni esponenti locali del Movimento che si oppongono a tutto, anche al taglio degli ulivi affetti dalla xilella.
Le trivellazioni nello Jonio sono, giustamente, in alto mare, anzi altissimo. Cos’è meglio, il rischio dell’inquinamento presunto che potrebbe allontanare i turisti o l’approvvigionamento energetico del Paese?
E l’Alitalia, questo monstrum che nessuno vuole, che ci costa un pacco di miliardi per tenerla in vita? Si profila la soluzione: nazionalizziamola, come le autostrade, che sono già pubbliche, ma il Ministro dei Trasporti non lo sa.
È difficile, con la migliore buona volontà, decifrare uno straccio di visione globale del Paese da parte del Movimento. Sono nuovi, sono inesperti, sono brave persone, per carità, ma il nulla incombe sulle loro azioni, contraddittorie, vanagloriose e scarsamente operative.
La mano destra non sa quello che fa la mano sinistra, aumenta la tassazione ed eroga sussidi, fa la guerra alla Francia e alla Germania, con la stessa iattanza con la quale il Regno delle Due Sicilie credeva d’essere un Paese industrializzato perché nel 1860 produceva 30.000 tonnellate di ferro l’anno, contro i 3.7 milioni di tonnellate prodotte in Inghilterra. Nell’Italia del nord c’erano allora 250.000 fusi per filare contro i 70.000 nel Mezzogiorno. L’Inghilterra, nello stesso periodo, ne aveva circa 30 milioni.
In un mondo dove la competizione internazionale è sempre più pressante, la nostra politica estera non è incomprensibile. È inesistente. Peggio ancora, è fatta da ingenui improvvisatori con l’arroganza felice degli ignoranti.
Diceva il saggio Benedetto Croce, a proposito della riforma della scuola fatta da Gentile, che avevano “messo la ciucciuetta ‘n mano a li frechì.”
Roma, 09/02/2019