Giuro: questa volta non ce l’ho con il Sindaco attuale di Roma.
Ieri ho fatto un giro a piedi in una delle zone più “glamour” dello shopping romano: Via Cola di Rienzo, vicino al Vaticano, strada che unisce appunto il Vaticano con Piazza del Popolo, giusto per orientare gli amici che mi leggono da fuori Roma.
Non vi voglio rovinare l’attesa di Barbara d’Uso con dissertazioni su chi fosse Cola di Rienzo, se volete questo è il link al suo wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Cola_di_Rienzo
Bene, dicevo, questa è una delle zone più note della Capitale per i negozi, i locali, insomma tutto quello che fa grande altre città ma non Roma
Di seguito le “bellezze” che ho potuto ammirare nelle due ore che ho trascorso qui.
1.) il parcheggio. Io, da vero fesso del Nord, abituato che se parcheggi male ti guada storto anche il vecchietto in panchina, cerco un garage e lo trovo! Sì, perché in zona ci sono parecchi garages privati, ai quali ovviamente NESSUNO ha mai pensato di proporre convenzioni con il Comune per favorire il loro uso. Ovviamente c’era posto, perché la maggioranza dei miei concittadini preferisce sfidare le leggi della fisica inventando parcheggi assolutamente degni di nota: doppia fila, in mezzo agli incroci, dietro ai cassonetti (sì, dietro, non solo davanti) e via di seguito. E qui nessuno osa dire nulla, perché le risposte sono davvero tranchant. Ne cito alcune solo per cronaca: “Aho, ma ‘n ciai niente de meglio da fa che rompere li cojoni a uno che lavora?”, oppure “Embè, mo che amo capito che sai sonà er clacson, canta pure”, o ancora “Già co tutti li cazzi checciò me tocca pure statte a sentì, ma vedi dannà affanculo”, eccetera eccetera.
2.) gli scheletri degli alberi. Lungo questa via glamour, ci sono delle rimanenze di tronchi d’albero, segati a circa un metro da terra (chissà poi perché) che sono lì da anni, ma tanti anni. Bene, ieri ho visto un giovine intraprendente che, armato di martello e scalpello, cercava di rendere questi scheletri un po’ meno schifosi, disegnandovi dentro facce e faccine. Bella idea, visto che nessuno ha MAI pensato di togliere quegli scheletri, magari ripiantando altri alberi. Peccato che tutto il truciolo che usciva da queste sculture metropolitane fosse poi a disposizione di chi voleva scivolarci sopra o per i tanti cagnetti che amano fare pipì sul legno.
3.) il traffico infernale. Certo, percorrere questa strada (come tante altre) e tentare di attraversarla rasenta l’atto di eroismo, eppure molti lo fanno. Ieri hi visto un gruppetto di orientali (non saprei se cinesi, giapponesi o altro) che attraversavano convinti di essere a Nagano o a Sapporo, rischiando di essere “stirati” un mezzo alla strada. E ci sono le strisce? E ‘sti cazzi delle strisce, devo passare prima io, dice il discendente diretto di Cola di Rienzo.
4.) gli adesivi dei traslocatori. Io non so quante volte si faccia trasloco nella vita, io ne ho fatti parecchi e trovo che sia una delle cose più stressanti. Qui è pieno zeppo, ovunque, di adesivi di traslocatori, vuotatori di cantine, trasportatori più o meno abusivi, che appiccicano le loro schifose etichette ovunque, senza nessun ritegno. E guai a provare a staccarne una, delitto!! Ma quanti traslochi fate?
5.) ovviamente, di pari passo con questo, non sono riuscito a contare i graffiti, i disegni, le scritte che sono praticamente ovunque. Su questo ricordo un ex-Sindaco di Roma, del quale non faccio il nome, che provò a dire che “i writers andrebbero valorizzati assieme alle loro opere”. Per fortuna di Roma ci ha pensato un Notaio a mandarlo a casa, altrimenti avremmo anche le finestre di casa dipinte dai writers. Per me, andrebbero presi, portati davanti alle loro “opere” e costretti a pulire i muri con la lingua, fino ad esaurimento del disegno o del loro organo mobile (la lingua, cosa avete capito?)
6.) l’apoteosi: le bancarelle. Questa è davvero il massimo che si possa immaginare, ma nemmeno la fantasia può tanto. Ho smesso, ad un certo punto, di contare le bancarelle piazzate sui marciapiedi, agli angoli delle strade, dove personaggi non meglio definiti vendono davvero di tutto, ma meglio se vendono scarpe davanti ad un negozio di scarpe, o cravatte davanti ad un negozio di cravatte, o maglioni davanti ad un negozio di maglioni. E, se ci pensate, sono dei geni del Marketing: se io offro a 5 € un prodotto che nel negozio lì dietro ne costa 40, qualche fesso che ci casca lo trovo! E quanti ne ho visti. Quindi, quando chiedono il permesso per stare in un certo punto della città, lo fanno coscienti del fatto che lì è meglio che altrove. Ovviamente, i loro furgoni sono parcheggiati impunemente ovunque, ma “noi dovemo lavorà” ormai te lo dicono anche i simpatici transfughi del Bangladesh, proprietari e gestori di moltissime di queste iniziative di marketing B2C 4.0. Lasciamo stare, per decenza, i venditori di orecchini, sigarette elettroniche, accessori per cellulari, caldarroste, bibite, e vario altro ciarpame. Ho provato a parlare con un negoziante, che mi ha detto:” Certo che ci danno fastidio, ma hanno una licenza (che qualcuno ha loro concesso, direi io), e con il regime forfettario non emettono scontrini, e quindi non pagano quasi nulla”. Intanto loro, i negozianti veri, pagano tasse, IMU, e altre 12.234 tasse e balzelli vari, alla faccia della concorrenza. Qualcuno tempo fa mi disse “i grandi centri commerciali stanno ammazzando il piccolo commercio”; vero, ma anche questi qui non scherzano….
La cosa che più di tutte mi devasta è che tutto questo, che è sotto gli occhi di tutti, viene tollerato come se fosse normale, come se fosse giusto che la Capitale navighi a vista in questo modo. Qualcuno tempo fa mi ha scritto: “Se non ti piace, te ne puoi anche andare”, dimostrando che a volte un bel tacer non fu mai detto… La rassegnazione mi pare regni sovrana, e questo è davvero triste.
Perché dovrebbe essere interesse comune avere una Capitale decorosa, non dico algida e fredda tipo Lugano, ma un po’ più decente sì, al di là della politica, delle polemiche, delle elezioni e di tutto quello che ci gira intorno.
Invece no, meglio rassegnarsi a questa situazione, e ‘sticazzi se i turisti preferiscono Berlino o Hong Kong, tanto ne arrivano molti lo stesso.
Tristezza
PS: lo so che la foto sopra non è fatta in Via Cola di Rienzo, infatti il problema è praticamente ovunque.