Trascorse le elezioni in Francia, è passata la paura in Italia. Se la Le Pen avesse vinto, Salvini avrebbe guadagnato quei tre o quattro punti che avrebbero potuto renderlo arbitro della situazione, almeno nel centrodestra. Non è stato così.
Il primo Ministro francese, Valls, con una mossa intelligente, ha stretto un accordo con i repubblicani di Sarkozy. Uniti, hanno trionfato nei ballottaggi contro il Front National che, peraltro, ha sfiorato i sette milioni di voti. Tutto tranquillo, magari non tanto, ma com’era prima.
La coalizione anti lepenista ha avuto ragione dei Francesi che hanno votato per la Pen. Ma, attenzione, non sono stati sconfitti. Anzi, il loro apporto elettorale è cresciuto di qualche punto, diventando la maggioranza politica relativa del Paese
In un certo senso, il Front National ha guadagnato di più, non entrando nella gestione delle 14 grandi regioni volute da Hollande. Avrà le mani pulite per la vera occasione di confronto del 2017, alle elezioni presidenziali. E’ solo una battuta d’arresto che, al limite, potrebbe anche essere proficua.
L’ondata di voti lepenista è stata l’espressione di una parte della Francia preoccupata dal terrorismo, incerta sul ruolo del proprio Paese e fortemente critica sull’azione del governo. Questo malessere si è espresso con molta chiarezza e solo l’unione di tutti gli altri partiti ha permesso di contenere il malumore crescente della gente. Ora, in due anni, socialisti e repubblicani dovranno darsi molto da fare per risalire la china dei consensi.
La Presidenza Hollande non è stata gloriosa. Gli attentati di Parigi, il clima di difficoltà psicologica in cui si trova il Paese, la grave inefficienza dimostrata dai servizi di sicurezza sono compensati solo in parte dal successo della Conferenza internazionale sull’ambiente, voluta da Hollande, ma ciò non basta a restituire pienamente la fiducia della gente sull’attuale gestione governativa.
La mossa di Valls, agitando addirittura lo spettro di una guerra civile, è stata molto abile ed è riuscita. Ma questa specie di union sacrée potrà durare fino alle presidenziali? Sembra che Sarkozy voglia ritentare la scalata alla Presidenza. Hollande dovrebbe ripresentarsi, sempre che non si proponga Valls, astro nascente del socialismo francese. In questa competizione, come potrebbero essere uniti contro l’ascesa della Le Pen?
In sostanza, la Francia vivrà un lungo periodo di crisi pre-elettorale che avrà effetti importanti. Per questo, rallegrarsi della sconfitta del Front National è inutile: i problemi ci sono tutti e restano insoluti.
Una Le Pen alla Presidenza potrebbe significare un sostanziale cambio di rotta nella politica repubblicana, non solo all’interno, ma soprattutto all’esterno (il terrorismo, l’immigrazione, i rapporti con la Germania e l’Unione europea, con gli Stati Uniti, le relazioni con la Russia).
In Italia, nella situazione tripolare esistente fra destra, sinistra e grillini, la protesta viene soprattutto da questi. Salvini ha un bel dire che lui è alleato della Le Pen, ma se il Front National è antisistema, in Italia Cinquestelle è molto più antisistema della Lega. Il vero timore del PD, infatti, non è tanto il centrodestra, ancora in fase di raccoglimento di cocci, quanto la crescita di Cinquestelle e gli ultimi eventi, tra cui quali il crack bancario, non aiutano certo gli elettori a votare per il PD.
Se, ad esempio, nelle imminenti elezioni amministrative e, in particolare, a Roma, dovesse prevalere Cinquestelle, sarebbe un disastro per il sistema renziano. Ma non è immaginabile in Italia un accordo fra tutte le forze politiche per isolare i grillini, così com’è stato fatto in Francia.
Certo, accordi sottobanco saranno sempre possibili, specie di desistenza in caso di ballottaggi, ma solo sul piano locale e con liste civiche di comodo. Un’intesa globale contro i grillini sembra del tutto ipotetica.
La questione, però, è se la vittoria di Cinquestelle sarebbe davvero una iattura per il Paese. Questo è tutto da dimostrare. Almeno il riciclaggio dei convertiti dell’ultima ora e la falsa rottamazione sbandierata e mai eseguita non dovrebbero più trovare posto nel sistema.
La gente che s’interessa di politica (sempre di meno) si chiede per chi votare e c’è una voglia crescente o di non votare più o di buttare tutto all’aria.
La stella di Renzi è piuttosto appannata. Quando si va a stringere: riforme poche e, spesso, marginali. L’economia langue, perché nessuno realmente se ne è interessato: nessuna azione di sacrificio (riduzione del nostro debito pubblico, che è il terzo più alto al mondo), nessuna azione di propulsione sul piano della politica industriale, nessun provvedimento di reale riduzione della spesa. Chiacchiere, vanterie e supposti gufismi.
In Irlanda, Paese che era disastrato quanto e più del nostro, il tasso di sviluppo è ora al 7%. In Italia si discute se quest’anno raggiungeremo lo 0.7%! Certo, fra Italia ed Irlanda c’è una differenza enorme, ma è il manico da noi che non funziona ed il meccanismo burocratico, fonte di molti guai, è rimasto intatto.
La tassazione globale cresce, checché ne dica il Presidente del Consiglio, e la fiducia diminuisce. Molte ombre si accalcano sul governo e la scadenza elettorale rende tutto più difficile. La fragilità emerge dalle mancette da erogare con la Finanziaria, agli studenti ed alle Forze dell’ordine. Una volta, si compravano i voti con una scarpa sinistra prima ed una destra dopo il voto, oppure con un pacco di pasta di monarchica memoria. Adesso si va a colpi di 80 euro. Ma basteranno per avere successo?
A destra c’è fermento. Si sperava sulla Le Pen, ma ora su deve contare solo su stessi. Già Berlusconi si smarca da Salvini, dicendo che il leader del futuribile gruppo di centrodestra non potrà essere lui. Le abiure, le condanne, le declamazioni ci sono tutte.
L’unità contro il pericolo di una deriva autoritaria dovrebbe essere di stimolo per serrare i ranghi e dimenticare personalismi e differenze. Ma questo è un male comune a tutto il sistema. Basti pensare al PD che fa quadrato attorno alla Boschi ed all’arroganza con la quale ella ha risposto a chi le chiedeva se fosse preoccupata per la mozione di sfiducia che la riguarda: vedremo chi ha i voti!
Intanto, anche la Pininfarina se ne va nelle mani indiane. Servisse almeno a far rientrare in nostri marò!
Roma, 15 dicembre 2015.