17/09/2019
Ai bambini del mondo è dedicato il rapporto FAO ‘The State of Food Security and Nutrition in the World 2019’. Denutrizione, rachitismo e obesità infantile – che spesso convivono nelle stesse aree, in Africa e Asia soprattutto – vanno peggiorando. Il declino della civiltà.
Fame Zero, obiettivo lontano
Il rapporto annuale ‘Stato della Sicurezza Alimentare e della nutrizione nel mondo 2019’ è stato presentato a New York, il 15.7.19, da cinque agenzie dell’ONU. (1) L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD), il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF), il Programma Alimentare Mondiale (WFP) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Lo scenario descritto è invero desolante. Non solo per i numeri assoluti e la prevalenza della malnutrizione nelle sue varie forme, ma soprattutto per la loro tendenza in crescita. Negli ultimi decenni la denutrizione era progressivamente calata, con un picco negativo nel 2014. Il vortice della fame è invece tornato a crescere a partire dal 2015, con una regressione ai livelli raggiunti nel 2010-2011.
‘I nostri interventi per affrontare questi trend preoccupanti dovranno essere più decisi non solo in termini di portata, ma anche in termini di collaborazione multisettoriale’ (FAO, The State of Food Security and Nutrition in the World 2019, prefazione).
Le regioni più colpite sono l’Africa Orientale e quella Sub-Sahariana, America Latina e Caraibi, Asia meridionale. La situazione è ‘molto allarmante’ in Africa, ove dal 2015 la denutrizione ha mostrato un incremento costante in tutte le regioni. In America Latina e nei Caraibi i tassi di denutrizione sono altresì aumentati negli ultimi anni, anche a causa delle derive politiche di estrema destra che hanno favorito le oligarchie a discapito delle politiche di sostegno alle classi sociali svantaggiate (es. programmi Fome Zero e Bolsa Familia in Brasile). La situazione in Asia, se pure ancora critica, ha invece registrato un progressivo miglioramento.
Fame estrema, 821 milioni di persone
La fame estrema nel 2018 ha afflitto oltre 821 milioni di persone, secondo una stima inevitabilmente approssimativa per carenza di censimenti nelle aree più remote. In aumento, rispetto agli 811 milioni dell’anno precedente. Sono oltre 500 milioni gli affamati in Asia, oltre 250 milioni in Africa e 42,5 milioni in America Latina e nei Caraibi. Il continente africano presenta i tassi i più elevati di denutrizione, che in Africa orientale colpisce quasi un terzo della popolazione (30,8%). Africa e Asia sono gli epicentri di ogni forma di malnutrizione a livello globale.
‘Fame Zero’ – il secondo degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs) fissati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per il 2030 – è un traguardo sempre più lontano, a dimostrazione della vacuità degli impegni finora assunti solo a parole dai suoi Stati membri. Mentre la denutrizione materna e infantile rimane a tutt’oggi la causa primaria del 45% dei decessi nei bambini sotto i cinque anni.
Insicurezza alimentare, 2 miliardi di casi
Un nuovo indicatore è stato introdotto, nel rapporto annuale 2019, per misurare la ‘prevalenza dell’insicurezza alimentare moderata e grave nella popolazione’. Tale indice si basa sui dati ottenuti mediante sondaggi su campioni di popolazione, intervistati sul loro accesso al cibo negli ultimi 12 mesi (Food Insecurity Experience Scale, FIES). (1) Le esperienze raccolte nel 2018 presso individui e famiglie mostrano come 2 miliardi di persone – pari al 26,4% della popolazione mondiale, l’8% in Nord America e in Europa – soffra di ‘severe and moderate food insecurity’.
‘Oltre alle sfide del rachitismo e del deperimento, in Asia e Africa vivono anche quasi tre quarti di tutti i bambini sovrappeso del mondo, prevalentemente a causa dell’alimentazione scorretta’. (FAO)
All’insicurezza alimentare grave e cronica si aggiunge quella ‘moderata’, vale a dire l’incapacità o incertezza di procurarsi ogni giorno il cibo nutriente e necessario. A cui consegue l’esigenza di ridurre la qualità del cibo quotidiano. Così, se da un lato i bambini deperiti sotto i 5 anni sono 49,5 milioni (7,3% del totale), quelli in sovrappeso nella stessa fascia di età sono 40 milioni (5,9%). E l’obesità infantile si concentra proprio nei Paesi con maggiore occorrenza di insicurezza alimentare moderata. Là dove gli alimenti più economici e a portata di mano sono cibo spazzatura, quello che meglio ingrossa i margini di Big Food.
La malnutrizione infantile in ogni sua forma – da rachitismo e blocchi della crescita a sovrappeso e obesità – conferma dunque l’attualità della Global Syndemic. L’epidemia globale causata appunto dal micidiale mix di denutrizione, obesità e cambiamento climatico. Siamo tutti responsabili, per non avere preteso politiche pubbliche e private coerenti ai bisogni umani essenziali. Equa distribuzione delle risorse, prevenzione nutrizionale, tutela dell’ambiente.
Crisi economica e diseguaglianze
Diseguaglianza è la parola chiave, l’emblema del degrado della civiltà moderna. Anche quando si riferisca alla sicurezza alimentare. La fame aumenta infatti di pari passo con le disparità di reddito e l’emarginazione. ‘Porre fine alla fame e alla malnutrizione entro il 2030 richiederà maggiori sforzi e approcci integrati per sradicare la povertà estrema, garantire un lavoro dignitoso e una crescita economica inclusiva e ridurre le disuguaglianze. (…) Sorprendentemente, la maggior parte dei Paesi’ ove l’acuirsi delle crisi economiche e disparità sociale incide sulla fame, ‘44 su 65, sono Paesi a reddito medio. Solo 19 (su 65) sono paesi a basso reddito, di cui 17 si trovano in Africa’. Il rapporto fra crisi economica, povertà e disuguaglianze è dunque più complesso di quanto possa apparire. Perché?
‘Primo, non è sempre vero che una crescita economica robusta contribuisca a ridurre la povertà e migliorare la sicurezza alimentare e la nutrizione. La crescita economica, sebbene necessaria, può non essere sufficiente per garantire la riduzione della povertà, la sicurezza alimentare e la nutrizione.
In secondo luogo, la povertà, la sicurezza alimentare e la nutrizione non sempre si muovono all’unisono. I Paesi possono ottenere una robusta crescita economica e una riduzione della povertà, ma questo non sempre si traduce in un miglioramento della sicurezza alimentare e della nutrizione.
In terzo luogo, quando la riduzione della povertà si traduce in un aumento della sicurezza alimentare, ciò non significa necessariamente che anche lo stato nutrizionale verrà migliorato’.
#Égalité! Riportare equilibrio nella distribuzione del reddito, nell’accesso al cibo, all’acqua e alle infrastrutture sanitarie è l’unica soluzione ai più insopportabili problemi dell’umanità. Come è logico, oltreché ribadito nello stesso rapporto in esame. ‘Maggiore è la disuguaglianza nella distribuzione delle risorse come terra, acqua, capitali, finanza, istruzione e sanità, più è difficile per i poveri partecipare ai processi di crescita economica’.
L’equità delle filiere – nel settore alimentare, come in tutti i settori economici – non può attendere oltre. Ed è nostro compito favorirla, scegliendo solo i prodotti che garantiscano una remunerazione dignitosa di tutti i lavoratori coinvolti in ogni fase della filiera ovunque basata, incluse le fasi intermedie (es. logistica). Il greenwashing travestito da Corporate Social Responsibility (CSR) ha fatto il suo tempo, è ora di pretendere un’effettiva partecipazione degli attori economici ai valori sociali, secondo il paradigma della CSV (Contributing to Social Values). #Iovotocolportafoglio!
Dario Dongo e Sabrina Bergamini