Qualche giorno fa, sull’onda emotiva degli attentati di Parigi, avevo scritto che una delle vie (secondo il mio modesto parere) era quello di non fare business con i paesi che si dice stiano armando la mano dei terroristi. Tra questi pare ci siano Qatar e Kuwait, oltre alla tanto citata Arabia Saudita.
Bene, oggi trovo la notizia che esiste una trattativa per la vendita da parte di Finmeccanica (azionista di riferimento il Ministero delle Finanze) oltre a FMR LLC (multinazionale americana che si occupa di investimenti finanziari e pensionistici) e Libyan Investment Authority (banca, a suo tempo, sotto il controllo del Governo Libico) con il Governo del Kuwait per la vendita di 28 Eurofighetrs che costano 63 milioni di dollari cadauno.
Questo dopo la trattativa, andata a buon fine, per vendere 12 aerei al Sultanato dell’Oman e 48 all’Arabia Saudita. Quindi, facendo la somma, sono 88 aerei per un totale di 5.544.000.000 dollari.
Non tutti questi dollari vanno a finire nelle casse del nostro Paese, perché per la costruzione il lavoro fu diviso fra i vari paesi: 33% per la British Aerospace, 33% per la DaimlerChrysler Aerospace (DASA) tedesca, 21% per Alenia Aeronautica e 13% per la CASA spagnola. Tuttavia al momento della firma dell’ultimo contratto, le quote furono ridistribuite con 37%, 29%, 20% e 14% rispettivamente. (Fonte Wikipedia), ma comunque il 20% è pur sempre una bella cifra.
Questo senza contare che siamo tra i più attivi produttori ed esportatori di armi, munizioni, esplosivi e robe simili con Beretta, Oto Melara, Agusta Westland e tante altre aziende attive nel settore che registra 740.948.676 euro di vendite nel 2014 a fronte di 709.310.499 euro nel 2013, quindi uno dei pochi settori in crescita nel nostro Paese.
Secondo alcuni ricercatori (Rete Disarmo, Unimondo, Altraeconomia, ma pure il mensile dei frati comboniani Nigrizia), siamo stati dal 2000 al 2013 in testa alla classifica dei rivenditori di armi leggere con un saldo di 5.9 miliardi di dollari, superiore al “secondo classificato” che sono gli USA.
Nel 2007 l’Onu pubblicò uno studio in base al quale si diceva che in Sierra Leone (anche lì c’è una guerra, ci sono morti tutti i giorni, ma non pare interessare a nessuno) ci sarebbero state circa 1.000.000 di mine anti-uomo, molte a forma di giocattolo, quasi tutte di produzione svizzera o italiana.
Da più parti si dice che il Governo Italiano non è mai stato molto chiaro su questo tema, data la sua delicatezza e l’evidente contrasto con l’art. 11 della più bella Costituzione del mondo (la nostra) che dice che l’Italia ripudia la guerra.
Quindi, il tema è complesso ma rimane di primaria importanza: affamare le aziende italiane o non vendere le armi ai paesi sospettati di fomentare l’odio verso gli occidentali?