Il diritto universale all’acqua è ancora un miraggio, se pure ricompreso tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile in Agenda ONU 2030. Un miraggio agli sgoccioli.
Diritto universale all’acqua, il proclama ONU
Il 28.7.10 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, a New York, ha riconosciuto che ‘l’acqua potabile e i servizi igienico-sanitari sono un diritto umano essenziale per il pieno godimento del diritto alla vita e di tutti gli altri diritti umani’. L’accesso all’acqua potabile è così entrato a far parte della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo. Quale diritto inviolabile e primigenio, poiché la risorsa idrica è indispensabile al godimento di ogni altro diritto.
Il 25.9.15 l‘assicurazione, a tutti gli abitanti del pianeta, di acqua potabile e servizi igienici’ è stata inserita tra i ‘Sustainable Development Goals’ (SDGs) adottati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in vista del 2030. È il sesto obiettivo dei 17 stabiliti, se pure ontologicamente connesso ai primi due (‘End Poverty’ e ‘Zero Hunger’).
‘L’acqua pulita e accessibile per tutti è un elemento essenziale del mondo in cui vogliamo vivere e c’è abbastanza acqua dolce sul pianeta per raggiungere questo obiettivo. Tuttavia, a causa di cattive condizioni economiche o di infrastrutture carenti, milioni di persone – tra cui bambini – muoiono ogni anno a causa di malattie associate a forniture idriche, igiene e servizi igienici inadeguati.
La scarsità d’acqua, la scarsa qualità dell’acqua e l’igiene inadeguata incidono negativamente sulla sicurezza alimentare, le scelte di sostentamento e le opportunità di istruzione per le famiglie povere in tutto il mondo. Al momento attuale, più di 2 miliardi di persone vivono con il rischio di un accesso ridotto alle risorse di acqua dolceed entro il 2050 almeno una persona su quattro rischia di vivere in un Paese colpito da carenza cronica o ricorrente di acqua dolce. (1)
La siccità affligge in particolare alcuni dei Paesi più poveri del mondo, peggiorando la fame e la malnutrizione. Fortunatamente, negli ultimi dieci anni sono stati compiuti grandi progressi in materia di fonti di acqua potabile e servizi igienici, per cui oltre il 90% della popolazione mondiale ha ora accesso a fonti migliorate di acqua potabile’ (ONU, SDGs, ‘Goal 6 – Ensure access to water and sanitation for all’).
Diritto all’acqua, l’indifferenza diffusa
La risoluzione ONU 28.7.10 è stata approvata con 122 voti a favore e 40 astensioni. Ed è curioso notare tra gli astenuti vari Paesi dell’Alleanza Atlantica (USA, Canada, Regno Unito, Turchia) e loro sodali (Israele, Giappone, Australia, Irlanda, Olanda, Svezia, Austria, Grecia). Ricordando tra l’altro come alcuni di essi abbiano più volte fatto ricorso a restrizioni e blocchi delle reti idriche condivise con altri Paesi, per esercitare coercizioni politiche. (2) E il guado rimane asciutto, a nove anni dall’assunzione di impegni che dovrebbero raggiungere la piena realizzazione entro la prossima decade.
I diritti umani all’acqua e ai servizi igienico-sanitari comportano l’obbligo, per gli Stati membri ONU e le aziende che sui loro territori forniscano i relativi servizi pubblici – di garantire che tutti possano permettersi l’accesso ai servizi essenziali. Lo scenario reale è tuttavia lontanissimo dagli obiettivi, atteso che in molti Paesi dell’Africa settentrionale e dell’Asia il livello di stress idrico è superiore al 70%. Nel 2015 solo il 27% dei Paesi meno sviluppati disponeva di servizi idrici di base. E la gran parte delle popolazioni di almeno 80 Paesi nel mondo, secondo le previsioni di ‘Water Aid’, continuerà a bere acqua non potabile fino al 2030.
Di fatto, le Nazioni Unite non hanno riscontrato alcun cambiamento significativo né nella legislazione dei vari Paesi, né in termini di miglioramento della disponibilità e qualità di questa indispensabile risorsa. E non è possibile calcolare quanti Paesi riusciranno effettivamente a raggiungere l’Obiettivo 6 dell’Agenda ONU 2030, tenuto conto della (carente) volontà politica e dei cospicui finanziamenti richiesti. A seguito di analisi approfondite, ‘Water Aid’ stima che alcuni Paesi – quali Namibia, Eritrea e Nicaragua, per citarne alcuni – dovranno attendere altri 500 anni prima di garantire l’accesso universale ai servizi igienico-sanitari.
Le malattie della povertà continuano a mietere vittime, soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito (LMIC, ‘Low and Middle Income Countries’). Oltre 1000 bambini muoiono ogni giorno, secondo UNESCO, a causa di malattie (es. dissenteria, infezioni delle vie respiratorie) che si aggiungono alla malnutrizione cronica e potrebbero venire in larga parte prevenute con la disponibilità di acqua potabile e basilari infrastrutture sanitarie. La cui carenza incide negativamente, tra l’altro, anche sull’apprendimento e la crescita dei bambini. Vale a dire, sul presente e futuro del pianeta.
Acqua, ‘water grabbing’ e conflitti
L’oro blu è causa e strumento di conflitti, spesso inosservati e comunque sottostimati, oltreché di instabilità politica e tensioni sociali. La Banca Mondiale ha documentato 507 conflitti tuttora in essere legati al controllo delle risorse idriche. La siccità in Siria, per citare un caso dei più celebri, ha segnato uno dei più gravi conflitti negli ultimi cinquant’anni.
Nel Medio Oriente si trovano tre grandi bacini, Tigri, Eufrate e Giordano. Le sorgenti si trovano in Turchia, mentre i relativi corsi attraversano il nord della Siria. Senza dimenticare il fiume Yarmuk, affluente fondamentale del Giordano. Ed è evidente come il controllo di tre bacini significhi decidere la sopravvivenza delle popolazioni che vivono grazie alla disponibilità delle loro acque.
In Iraq, teatro di un altro dei conflitti più sanguinari della storia contemporanea, la missione Prima Parthica è ancora impegnata nella difesa della diga di Mosul. Squadre di soldati presidiano il nodo cruciale della rete idrica sito a soli 38 chilometri dal centro di Baghdad, ove sono in corso i lavori di manutenzione ad opera del gruppo italiano Trevi. E ancora a luglio 2018 le forze irachene hanno sgominato una cellula dormiente di estremisti pronti all’attacco della diga. Mentre a Bassora, verso il confine con il Kuwait, la popolazione è scesa nelle strade, a gennaio 2019, per protestare contro il prezzo dell’acqua che ha superato quello della benzina. (3)
In Asia, la ripartizione dell’oro blu dell’Indo e il Tista è da anni causa di conflitto tra India, Pakistan e Bangladesh, ove in gioco sono le vite di intere comunità del Bengala Occidentale e del Bangladesh. E la situazione è per certi versi analoga a quella vissuta dai Paesi della regione Indocinese, i quali contendono le risorse del fiume Mekong.
Acqua per la vita
I conflitti legati all’acqua aumentano e sono destinati ad aumentare, anche a causa della pressione sui corpi idrici che è esacerbata, a livello globale, da:
- fenomeni climatici estremi (alluvioni e inondazioni, siccità, innalzamento dei livelli dei mari) associati al ‘climate change’,
- crescente richiesta di acqua, a causa della crescita demografica, ma anche dell’asimmetrico sviluppo socioeconomico e dei modelli di consumo.
Nel 2050 la domanda globale di acqua crescerà del 20-30% rispetto ai livelli attuali, anche a causa della aumentata richiesta per usi industriali, agricoli e domestici. Un approccio sistemico è sempre più indispensabile e urgente, per affrontare una crisi ecologica e sociale planetaria che tuttavia continua a sfuggire alle riflessioni di chi ‘gira le rotelle del mondo’, ormai sempre più a secco.
‘L’acqua è la materia della vita. È matrice, madre, mezzo. Non esiste vita senza acqua’ (Albert Szent Gyoryi).
#Égalité!