Modestamente, e senza pretese particolari, mi permetto di consigliarvi la lettura di questo libro: “10 lezioni sulla Giustizia per cittadini curiosi e perplessi” di Francesco Caringella, Consigliere di Stato dal 1998, già Commissario di Polizia (1989-1990), Magistrato ordinario (1991-1996), Magistrato TAR (1997), Capo dell’Ufficio legislativo presso il Ministero per le Politiche Comunitarie (2001-2002), esperto giuridico Presidenza del Consiglio dei Ministri (2003).
Uno quindi che ne capisce di Giustizia.
Nella dedica che mi ha fatto ha scritto “A Paolo, con la speranza di accendere la luce rara e preziosa della Tua curiosità”, e devo dire che ci è riuscito benissimo.
Come sa chi mi segue, per me il tema della Giustizia (mi ostino a scriverlo maiuscolo perché sono convinto del suo altissimo valore)è di fondamentale importanza in una moderna democrazia, ma i dubbi e le curiosità sono sempre di più, perché vedo un uso della Magistratura e, di conseguenza, della Giustizia, spesso mirato a temi che mi sembrano lontani da quel valore di Giustizia e di Verità che credo dovrebbe essere il “faro illuminante” del sistema giudiziario italiano.
Una prima risposta Caringella la fornisce dicendo che non esiste una verità che sia da ritenersi universale, ma come scrive:”nella giustizia non esiste quindi un’unica verità assoluta, ma più verità relative e soggettive, tra le quali il giudice deve trovare quella che più si avvicina alla realtà storica”, sottintendendo, come poi dirà più avanti, che la ricerca della verità deve essere anche attualizzata, quindi non può essere realistico un processo che duri 20 anni e più, perché alla fine del processo tutto è diverso da quando si presuppone che i fatti si siano verificato, quindi la verità che emerge dopo vent’anni non può essere in nessun modo correlata nel tempo. E su questo, Dott. Caringella, siamo assolutamente d’accordo.
Un’altra citazione molto significativa il Dott. Caringella la fa all’inizio della Lezione Quarta, quando prende una frase di Dante Troisi che dice: “Si dovrebbe imporre ai giudici di osservare quello che accade mentre gli altri giudici sono in Camera di Consiglio. Almeno una volta al mese, mescolarsi alla folla dietro le transenne, guardare gli imputati, i testimoni, gli avvocati; soprattutto guardare gli imputati quando suona il campanello che annuncia il ritorno in aula del Collegio per la lettura del dispositivo della sentenza. Non dimenticheranno gli occhi sul Crocefisso o sul difensore che pare possa ancora aiutarli, la mano sulla spalla della madre o della sposa, l’espressione di fiducia, di rimorso, la silenziosa promessa di ravvedimento”
Credo che in questa frase sia nascosta tutta una parte molto significativa di quello che è dietro ad un processo, dove un Essere Umano decide le sorti di un altro Essere Umano. Per quel poco che ho frequentato le aule di Giustizia penso di poter dire che questo aspetto umano delle vicende processuali è morto e sepolto.
Sempre citando il libro, si dice che l’arretrato della giustizia civile è di più di 4.000.000 di cause e quello penale di 3.200.000: durante la presentazione del libro, alcuni dei presenti hanno dichiarato che rispetto all’anno precedente le cose stanno andando meglio, citando numeri davvero risibili (inferiori a 1%) di diminuzione delle pendenze. Non basta, e non dovrebbe bastare a nessuno.
Per finire: è un libro bello, scritto bene, che però pone domande importanti per tutti quelli che hanno a cuore uno Stato giusto ed equo, immagine che mi pare davvero lontana dall’Italia di oggi (ma anche di ieri). Leggetelo, fatevi le stesse domande che mi faccio io e, se riuscite, date una vostra risposta anche alle tante domande che lo stesso Autore si pone.
Buona lettura.