Che Dio salvi l’America!

(di Stelio W. Venceslai)

Voglio bene all’America, da tanto tempo, da quando, piccoletto, scoprii il pane bianco, la carne in scatola, le facce allegre, rosate o nere, dei suoi giovani soldati, quel loro buffo modo di esprimersi in italiano. Mi piacevano le loro riviste, il Reader Digest (ne ho ancora una cinquantina di numeri), i corpi perfetti delle loro pin-up, appiccicati sui parabrezza delle jeep, i primi film in technicolor, la loro musica.  Che meraviglia!  Erano giovani, allegri, scanzonati e vincitori. Ben diversi dalle facce severe dei Tedeschi che avevo conosciuto o, peggio ancora, del nostro grigioverde da poveretti, con le fasce alle gambe e le suole di cartone.

Sì, ci hanno combattuto, ci hanno vinto, ci hanno salvato dalla fame con l’UNRRA e il Piano Marshall (questo l’ho saputo dopo), sono nostri alleati da sempre.

Beh, devo dire che sono preoccupato per loro. Dalla fine della seconda guerra mondiale hanno cercato di tenere in piedi il loro potere e la nostra democrazia. Ci sono stati amici, alleati e concorrenti. Non è andata bene. Da allora non hanno più vinto una guerra, né in Corea né in Vietnam, non in Somalia o in Libia, in Iraq o in Afghanistan, tanto per citare le avventure più grosse. Se andava bene si faceva un armistizio.

Se andava male, l’ambasciatore di turno arrotolava la bandiera e se ne andava. Addio promesse e chi s’è visto s’è visto. Lasciano solo i cocci. Non sono affidabili.

Con la seconda presidenza Trump li vedo molto male per almeno due ragioni: lo hanno votato a stragrande maggioranza, credendo alle sue sbrasate, e perché è un uomo ricco, anzi ricchissimo, ha sempre avuto belle mogli e, nella fede locale, se uno diventa un uomo di successo è perché Dio gli vuole bene.

Questo, però, non basta per umiliare pubblicamente chi difende il suo Paese da un’aggressione insensata.

Non basta per giustificare uno show televisivo planetario perché tutti, nel mondo, possano capire chi è l’uomo forte e quanto sia miserabile la sua vittima. Da quando in qua in America le questioni di Stato sono un affare pubblico?

Non basta per salvare l’America dall’illusione dominante che sulla pelle dell’Ucraina (e perché no? sulla vita di Zelenski) si possa togliere Putin dall’imbarazzo di una guerra che non è stato in grado vincere, con l’intento di  staccarlo dalla Cina.

Ma davvero alla Casa Bianca sono così ingenui? Perché, una volta ottenuta questa insperata soddisfazione, Putin dovrebbe diventare un amico degli Stati Uniti? Per affinità ideologiche, tra autocrati?

Putin è un personaggio capace e inquietante, ma sa quel che vuole ed agisce con determinazione spietata. Per lui l’Occidente è il nemico, l’America la radice del male e Trump un simpaticone che può manovrare come vuole. Basta lisciarlo dal lato giusto.

Putin fa politica e Trump fa il mercante sulla pelle degli Europei, cioè, la nostra. La regola del diritto internazionale trumpiano è: “i forti fanno quello che vogliono e i deboli subiscono ciò che devono.” Ma non è tanto nuova, solo che bisognerebbe conoscere la storia.

Lo scrisse Tucidide, molto tempo fa, a proposito di un’altra guerra, quello del Peloponneso. Ma chi era Tucidide? Chi diavolo è il Peloponneso?

Trump vende a poco prezzo la libertà altrui, tanto l’America è lontana e passa da un exploit diplomatico ad un altro ancora più bizzarro, crede di poter sovvertire il mondo ma rischia, invece, un ennesimo disastro. Vuole la pace in Ucraina, e subito, come in Palestina, non per bontà d’animo o per solidarietà con le vittime, ma per un Nobel per la pace e poter dire ai suoi elettori: avete visto? avete votato giusto, io sono l’uomo forte che mette a posto il mondo.

Si, sono molto preoccupato per la deriva della politica americana e, tra l’altro, sono convinto che Trump non ce la farà, né a Gaza né a Kiev.

Per quanto l’Europa sia un nulla, il potenziale militare dei ventisette eserciti europei (troppi!), sommato assieme, è di oltre un milione e mezzo di soldati, grosso modo alla pari con gli Stati Uniti e la Russia, ed ha una popolazione che è il doppio di quella russa e di quella americana. Non se ne può non tener conto e Trump e Putin le cifre le capiscono.

L’Europa, da una parte o da un’altra, significa la vittoria o la sconfitta. L’Europa e la Russia le guerre le conoscono, le hanno subite e sofferte. Distrutta, ogni volta è risorta. Questa è la mia speranza.

L’America non conosce la guerra nel proprio territorio. Non sa cosa significhi vedere le proprie città distrutte, non ha mai avuto milioni di profughi, non ha mai piegato la testa davanti a un vincitore e non si è mai impegnata per ricostruire le città incenerite (Berlino, Amburgo, Dresda, Kyev) o per recuperare le campagne disseminate da mine e altri ordigni esplosivi.

L’intesa che si profila tra Putin e Trump per una pace comunque e dividersi il mondo alle spese dell’Europa (e della Cina) è una grande illusione, purtroppo.

Davvero, che Dio salvi l’America che abbiamo amato.

Roma, 02/03/2025

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