Oggi il Corriere della Sera versione on line pubblica un articolo che riporta i dati relativi alle pensioni che non sono state nemmeno sfiorate da alcun tipo di riforma negli ultimi 25 anni.
“Ci sono circa 30 mila pensioni in Italia che rappresentano un mondo a parte, di assoluto privilegio, che la politica ha tenuto al riparo dalle riforme che negli ultimi 25 anni hanno invece tagliato la previdenza dei comuni mortali. Sono le pensioni del personale della Camera e del Senato; quelle degli ex deputati e senatori (ipocritamente definite «vitalizi»); le pensioni dei dipendenti della Regione Sicilia; quelle del personale della presidenza della Repubblica; quelle dei dipendenti della Corte Costituzionale e degli ex giudici della stessa; i vitalizi degli ex consiglieri regionali. Di questi assegni, che oscillano in media tra i 40 mila e i 200 mila euro all’anno, si sa poco o nulla, se non appunto che sono d’oro e costruiti su regole di assoluto favore. Eppure da dodici anni c’è una legge che imporrebbe di conoscere tutto di queste pensioni, i cui dati dovrebbero essere trasmessi al Casellario centrale della previdenza. Solo che la legge viene disattesa. E non si trova il modo di farla rispettare, perché gli organi costituzionali invocano l’autodichia, cioè il principio di autonomia regolamentare garantito dalla carta fondamentale, e la Sicilia il suo statuto speciale.”
L’articolo fa riferimento ad uno studio che, se non ho capito male, ha dovuto sudare per analizzare questi dati, perché non si tratta di dati pubblici. E qui casca il primo asino: i soldi che tutti noi versiamo per mantenere privilegi alla casta “non sono dati pubblici”? Stiamo scherzando, vero? Temo di no, purtroppo.
Nel pezzo di articolo riportato tra virgolette sopra, ci sono alcuni Enti statali che da sempre rappresentano il peggio del peggio della PA, a partire dallo sconcio della Regione Sicilia che, a fronte di una inefficienza che è sotto gli occhi di tutti, risulta essere una della macchine statali più costose in assoluto. Cosa di cui si è parlato decine di volte, ma che non è mai cambiata di una virgola: tra le tante cose che io credo vadano riformate, subito eliminare lo “statuto speciale” alle regioni che ne godono i diritti. Poteva avere senso nell’immediato dopoguerra, non ne ha oggi, soprattutto se la regione in questione ha due uffici di rappresentanza a Roma (uno mai usato), uno a Bruxelles, uno a New York, uno a Hong Kong e chissà cosa di altro in giro per il mondo dove, secondo me, dovrebbero essere le Ambasciate dello Stato Italiano a rappresentare tutto lo Stato.
Qualcuno potrebbe dire che, anche se si togliessero questi privilegi, sarebbe poca cosa verso il debito pubblico, e invece io dico di no. Prima di tutto il mare è fatto di gocce, quindi ogni goccia fa la sua parte, poi esisterebbe anche quel concetto piuttosto sottovalutato che si chiama “esempio”, e qui divento populista: non mi puoi chiedere sacrifici senza farli prima tu!
Quindi, in un solo articolo ci sono condensate una serie di malefatte indegne di una società civile, e io onestamente non vedo luci in fondo al tunnel.
Adesso vado a lavorare, perché siamo ancora in quel periodo di tempo (che mi pare finisca verso la metà di giugno), nel quale lavoriamo solo per pagare tasse.
W il Bel Paese ( il formaggio……)