Autocrazia trumpiana

(di Stelio W. Venceslai)

Molte sono le possibili interpretazioni sulla politica annunciata da Trump nel suo discorso d’insediamento alla Casa Bianca. Fra l’enunciare programmi e l’attuarli c’è di mezzo un oceano. La realtà internazionale non è un tavolino pieno di cristalli. Sono cristalli che mordono.

Trump vuole Panama o, meglio il Canale di Panama, che è il fondamento della ricchezza di quel Paese. Come? Pagando o con la forza? Se paga, umilia tutti gli Stati latino americani. Se usa la forza, in cosa è diverso da Putin?

Trump vuole fare del Canada il 51° Stato degli Stati Uniti. Come? Un’altra guerra? Non credo che i Canadesi siano felici d’essere inglobati dagli Stati Uniti. Resisteranno, anche con l’appoggio del Regno Unito e degli altri Paesi dell’ex Commonwealth.

Trump vuole la Groenlandia, con le buone o con le cattive. Non gli serve per fare le granite, ma per contrastare la Cina e le sue rotte artiche. La Groenlandia è danese, la Danimarca è membro dell’Unione europeo e della NATO di cui magna pars sono gli Stati Uniti. Non reagirà nessuno? Neppure la von der Layen? Mi sembra altamente improbabile.

Trump vuole espellere dagli Stati Uniti almeno 10 milioni di emigranti irregolari. Come? Dove li raccoglie? Dove li mette fuori dalla porta? L’esercito sparerà su questi disgraziati? Quanto costerà tutta questa operazione? Gli Stati Uniti si sono formati con gli immigrati di tutto il mondo. Non sarà un peccato d’origine da cui mondarsi?

La politica americana, secondo le ultime dichiarazioni del nuovo Presidente, sembra orientata ad imporsi sui suoi tradizionali alleati europei, riequilibrando gli scambi. Un’operazione più facile e conveniente per rafforzare la posizione americana, piuttosto che contro gli altri competitori mondiali. Ma mettersi contro tutti è pericoloso.

Gli Stati Uniti producono tecnologia e arroganza. Hanno un esercito potente ma che nell’ultima parte del secolo scorso e agli inizi di questo ha sempre perduto le guerre che ha fatto.

Gli interessi finanziari esistenti prevalgono, prevaricando quelli politici. Crede di essere l’ombelico del mondo, un modello e una guida per gli altri. Il modello è pessimo e la guida incerta, perché i suoi sono interessi di giornata e non di ampio respiro. Bottegai che vendono, non pensatori di classe. Le dichiarazioni di Trump sono un trionfo di velleità.

Trump ha parlato della Cina come del vero competitore degli Stati Uniti. L’Europa e la Russia non sono stati neppure citati, come insetti molesti, neppure fastidiosi.

La Russia, con tutta la boria putiniana, non esiste. È un Impero di cultura europea che produce miseria, eserciti e guerre. Possiede anche una discreta tecnologia, ma essenzialmente orientata a fini militari. Da secoli vive sotto l’assolutismo più bieco che ha facile gioco su una popolazione povera, abituata ai sacrifici e a subire. Indecisa se essere un Impero asiatico od europeo, i suoi interessi sono l’espansione territoriale e la faccia feroce. Le guerre che ha fatto, però, la Russia le ha sempre vinte, quasi sempre con l’aiuto di altri, ma le ha vinte.

L’Europa è un non Impero multinazionale composito che, per lunghi secoli, è stato il cuore di tutto (arte, scienza, pensiero). Produce storia, cultura e chiacchiere. Non ha un esercito ma è ancora una discreta potenza economica con un passato di dominatrice del pianeta. È in declino perché è il più vecchio. L’Europa si culla sulla sua grande storia ma si balocca fra sovranismi minori e un’impotenza collettiva.

A questo punto è l’anello più debole della catena che regge l’attuale sistema quadripolare. Probabilmente sarà la prima a cadere nelle grinfie dell’uno o dell’altro contendente. L’Impero russo l’aggredisce sul piano territoriale e quello americano su quello finanziario. L’acquisizione dell’Europa darebbe un vantaggio economico non indifferente al vincitore. L’Europa è un ostaggio, l’agnello sacrificale per passare da un sistema quadripolare ad uno tripolare.

Per Trump esistono solo la Cina, il vero concorrente al dominio sul mondo, e il Messico, brulicante di gente affamata, solo perché ai confini degli Stati Uniti.

La visione geopolitica di Trump non è isolazionista, alla Monroe, è americo-centripeta. Vuole cambiare il nome al Golfo del Messico. D’ora in poi sulle carte sarà il Golfo d’America. Una riforma sostanziale per gli equilibri mondiali. Peccato che non abbia pensato di cambiare anche il calendario, cominciando dall’Anno 1° dell’era trumpiana.

Il resto dello scenario mondiale, tranne la sproporzionata ricchezza del mondo arabo, è spazzatura, alla mercé ora dell’uno ora dell’altro Impero ed è, praticamente, irrilevante.

Non tutto però non è da buttare. Ad esempio, riaffermare che i generi sono due, maschile e femminile, mi sembra una buona cosa, anche se convinzione ovvia e piuttosto diffusa. Ciò dispiacerà alle sinistre, che della diversità hanno fatto una bandiera.

Altra cosa buona mi sembra equiparare le cosche di trafficanti di droga con le organizzazioni terroristiche. Potrebbe essere una svolta per impiegare l’esercito degli Stati Uniti in qualcosa di utile per la società civile.

Un’ultima riflessione: tutta quella bella gente festante di magnati, compreso Trump, ha un patrimonio, occhio e croce, di circa 26.000 miliardi di dollari. Questo è il volto dell’autocrazia americana. Il faticoso bilancio dello Stato italiano, per il 2025, è attorno ai 30 miliardi. Sono cifre che, a confronto, parlano da sole.

Roma, 21/01/2025.

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