Parkinson, prevalenza e cause
Il Parkinson è una patologia diffusa a livello globale, su tutti i gruppi etnici ed entrambi i sessi (sia pure con una lieve prevalenza in quello maschile). La malattia colpisce l’1-2% della popolazione ultra-sessantenne (il 3-5% degli over-85). L’età media d’esordio, secondo l’OMS, si attesta sui 58-60 anni. Ed è tuttavia in crescita l’esordio giovanile, che attualmente riguarda il 5% circa dei casi (in età 21-40, con rari episodi sotto i 20 anni).
Le cause non sono ancora note. I fattori eziologici individuati – che sicuramente concorrono allo sviluppo di questa malattia degenerativa – riguardano l’ambiente e la genetica. I quali a loro volta, come la ricerca tossicologica mostra, sono spesso interconnessi. Laddove le sostanze più pericolose esprimono al contempo tossicità e mutagenesi.
L’esposizione ai pesticidi è sicura causa di occorrenza di Parkinson, infatti riconosciuto in Francia come malattia professionale degli agricoltori, e di altre malattie neurodegenerative. La neurotossicità è invero un denominatore comune agli agrotossici. Dal Paraquat – prodotto in Europa per avvelenare altre aree del pianeta – ai neonicotinoidi, tuttora ammessi nella ‘conciatura’ dei semi, anche in Italia. (1)
La ‘rivoluzione grigio fumo’ brucia il cervello. Una punizione eccessiva anche per gli stolidi agricoltori ‘convenzionali’, responsabili del loro stesso male. Intollerabile per le vittime innocenti. (2) Tutti immolati per gonfiare le casse dei monopolisti di sementi e agrotossici. Con il funesto appoggio delle grandi confederazioni agricole.
Il rischio di malattia aumenta altresì con l’esposizione ai metalli pesanti, con peculiare incidenza su alcune categorie di lavoratori (es. saldatori), e agli idrocarburi-solventi (es. trielina). A livello genetico, le principali mutazioni riguardano i geni alfa-sinucleina (PARK 1/PARK 4), parkina (PARK-2), PINK1 (PARK-6), DJ-1 (PARK-7), LRRK2 (PARK-8) e la glucocerebrosidasi (GBA). Il 20% circa dei pazienti ha una storia familiare con positività alla malattia. Si stima quindi un rischio lievemente superiore per i familiari dei ‘parkinsoniani‘, rispetto alla popolazione generale, di sviluppare la patologia. (3)
Parkinson, il ruolo della dieta su prevenzione e trattamento
Parkinson e Alzheimer hanno minore incidenza, secondo la letteratura, tra coloro che seguano una dieta mediterranea con regolare consumo di prodotti ittici. Ciò è stato osservato anche in Giappone, ove pesce e molluschi hanno un ruolo centrale della dieta. (4)
Un’alimentazione equilibrata influisce positivamente sull’efficacia della terapia farmacologica e sullo stato di salute generale. Diminuendo il rischio di malattie metaboliche (colesterolo elevato, diabete, gotta) e cardiovascolari, infiammazioni e patologie del sistema osteo-articolare.
Gli Omega-3, i ‘grassi buoni’, sono a loro volta associati in numerosi studi alla salute neurologica, oltreché a vari altri benefici. Giova ricordare che essi si trovano nel pesce ma anche nella canapa e nelle carni di animali nutriti con semi e bacche.
Più pesce meno Parkinson, gli studi
La parvalbumina – una proteina presente in elevata quantità in varie specie ittiche, nonché alla base del loro potenziale allergenico – può contribuire alla prevenzione della malattia di Parkinson. È quanto emerge da due recenti studi scientifici condotti presso l’Università di Chalmers (Svezia). Laddove si dimostra la capacità della parvalbumina di formare strutture amiloidi che – legandosi con la proteina alfa-sinucleina – impediscono alla stessa di aggregarsi e di formare gli amiloidi che possono causare danni ai neuroni cerebrali. (5)
Aumentare l’apporto di pesce nella dieta potrebbe essere un modo semplice per prevenire la malattia di Parkinson. Le linee guida nutrizionali italiane consigliano di consumare ogni settimana 2-3 porzioni di pesce da 150 grammi. I più indicati per gli elevati livelli di parvalbumina sono merluzzo e aringa, dentice e scorfano, carpa e salmone sockeye. I livelli di parvabumina peraltro variano notevolmente nel corso delle stagioni. (6)
‘Alla fine dell’estate il pesce è normalmente molto più nutriente, a causa dell’aumentata attività metabolica e dei maggiori livelli di parvalbumina che ne conseguono. Può quindi essere utile aumentare il consumo di pesce durante tale periodo, fino all’autunno’ (Nathalie Scheers).
I ricercatori svedesi intendono ora sviluppare la ricerca sul ruolo preventivo della paralbumina anche in relazione ad altri disturbi neurodegenerativi tra cui l’Alzheimer, la SLA e la malattia di Huntington. ‘Queste malattie compaiono in età avanzata e le persone vivono sempre più a lungo. Vi sarà un’esplosione di queste malattie in futuro e l’aspetto spaventoso è che al momento non abbiamo cure. Dobbiamo quindi approfondire la ricerca su tutto ciò che appaia promettente nella prevenzione’.
Dario Dongo e Carlotta Suardi