La penisola coreana è, ormai, da qualche anno, sotto l’occhio di tutti. Dopo la guerra del ’50, terminata con un armistizio contrastato, tuttora in corso, la penisola è stata divisa in due realtà statuali: la Corea del Nord, di osservanza comunista, diretta da una satrapia famigliare il cui ultimo erede è Kim Jong-un, e la Corea del Sud, di osservanza occidentale, alleata del Giappone e degli Stati Uniti.
Ovviamente, le frizioni tra le due Coree sono continue e l’obiettivo reciproco è la riunificazione della penisola, come logica vorrebbe e geopolitica impedisce.
Mentre la Corea del Sud si è trasformata in un grande Paese industriale, caratterizzato da tecnologie avanzate, un po’ come il Giappone, la Corea del Nord ha sviluppato un ambizioso e massiccio programma militare, arrivando, in questi ultimi mesi, all’acquisizione di tecnologie nucleari.
Altrettanto ovviamente, Russia e Cina sono gli sponsors, per così dire, della Corea del Nord, sia per ragioni ideologiche sia per ragioni strategiche, alla pari degli Stati Uniti nei confronti della Corea del Sud. Per decenni c’è stata una situazione di stallo fino a quando il lancio di missili continentali muniti di testata nucleare da parte di Pyongyang ha fatto precipitare la situazione, date le continue minacce nordcoreane nei confronti degli Stati Uniti.
Le reazioni internazionali sono state tanto frequenti quanto, sostanzialmente superflue. La Corea del Nord è uno dei pochissimi Paesi che non è stato accolto nelle Nazioni Uniti e solo 44 o 46 Paesi intrattengono relazioni diplomatiche con il suo governo. L’isolamento della Corea del Nord, voluto dagli Stati Uniti, è stato aggravato da una serie di sanzioni economiche che si sono aggiunte al bando politico esistente, Ciò nonostante, i Nordcoreani dispongono, attualmente, di un armamento nucleare e missilistico di tutto rispetto. Questo significa che, ad onta delle sanzioni, il regime nordcoreano è stato aiutato, in vari modi, a raggiungere questo risultato. Tutti fanno finta di niente, salvo strapparsi i capelli di fronte al pericolo d’una sciagura.
Il club nucleare, oggi, è formato da Russia, Cina, Pakistan, India, Francia, Inghilterra e Stati Uniti. Si vocifera che Israele sia dotato di armi nucleari e l’Iran, dopo lunghissime trattative, non è stato ammesso al club ma può lavorare nel settore nucleare. La proliferazione nucleare, infatti, è qualcosa che il buon senso dovrebbe evitare.
La Corea del Nord, con i suoi spettacolari lanci di missili continentali a testata nucleare, di fatto, ambisce a far parte di questo club. Intendiamoci, se il suo regime non fosse quello che è e non fosse diretto da una persona sulla cui stabilità mentale e sui cui principi morali non ci fosse da discutere, sarebbe semplice prendere atto di questa situazione. Le cose, però, non stanno così ed il rischio di un confronto nucleare è molto elevato.
In caso di conflitto, la Corea del Nord sarebbe ridotta in cenere, ma anche la Corea del Sud ed il Giappone e qualche città degli Stati Uniti. Non parliamo, poi, del costo in termini di vittime umane.
Gli Stati Uniti hanno dato prove di grande pazienza nel corso di questa crisi. A parte le consuete smargiassate di Trump, qualche manovra navale congiunta con i Sudcoreani e qualche movimento di truppe, però, si è trattato solo di chiacchiere. Si parla di un’opzione militare, da tempo, ma sono solo tigri di carta. Per quanto Russia e Cina siano, molto cautamente, contro gli esibizionismi militari nordcoreani e Washington insista presso le loro capitali per un’azione intesa a ridurre alla ragione il dittatore nordcoreano, ciò non ha prodotto risultati apprezzabili. Tuttavia, l’opzione diplomatica sembra l’unica possibile per scongiurare una guerra.
Russia e Cina confinano con la Corea del Nord, un cuscinetto contro la presenza occidentale a Seoul e a Tokio. Una guerra nucleare sarebbe disastrosa anche se Cina e Russia non intervenissero. Un eventuale conflitto potrebbe degenerare su scala mondiale.
In un confronto nucleare con gli Stati Uniti, potrebbe vincere Pyongyang? Alcuni osservatori sostengono che sarebbe possibile per il costo elevatissimo di perdite umane negli States.
Potrebbero vincere, invece, gli Stati Uniti? Il potenziale nucleare americano è di primo ordine, ma farebbe paura a tutti, specie ai potenti vicini alla Corea del Nord che potrebbero intervenire per salvare il salvabile, come già accadde al tempo della guerra di Corea. Insomma, sarebbe possibile un conflitto mondiale di spaventose proporzioni.
A bocce ferme, distrutta la Corea del Nord, almeno un milione di profughi, complici del regime nordcoreano, si riverserebbero sulle province orientali cinesi e russe, creando problemi insormontabili. Inoltre, il cuscinetto nordcoreano trasformerebbe tutta la penisola in un cuscinetto occidentale, a ridosso delle frontiere cino-russe. Una situazione strategicamente insopportabile che giustifica i blandi tentativi di calmare i Nordcoreani esercitati da Mosca e Pechino, volti ad evitare uno stravolgimento degli equilibri militari in quell’area del Pacifico.
Sempre in caso di conflitto, il Giappone sarebbe costretto a tornare ad essere una potenza militare, il che non fa piacere a nessuno. I Giapponesi hanno fatto strame, in passato, della Cina, ed i Cinesi hanno la memoria lunga.
Gli stessi Stati Uniti possono rischiare l’incenerimento dell’isola di Guam o di Los Angeles solo per impedire ai Nordcoreani di entrare a far parte del club nucleare? Ciò spiega le profonde esitazioni dell’amministrazione Trump. D’altro canto, se la Corea del Nord diventa (ma già lo è) un Paese nucleare, come impedirlo all’Iran e a altri Paesi industrialmente e politicamente emergenti? Come impedirlo, ad esempio, alla Siria od all’Arabia Saudita? Il gioco dei ricatti reciproci può portare molto lontano.
Indubbiamente, il rischio della proliferazione nucleare è altissimo, specie se a guidare un Paese nucleare c’è un pazzo. La tecnologia nucleare è, ormai, quasi alla portata di ogni Paese tecnologicamente avanzato. Qui non si tratta tanto della pretesa della Corea del Nord di essere considerata uno Stato, quanto di salvaguardare un principio di sicurezza collettivo. La ragionevolezza dovrebbe prevalere su qualunque altro sentimento. Il mondo è troppo piccolo per scatenare azioni e reazioni incaute.
Roma, 17 settembre 2017