Roma, stazione Termini, ore 06,15 di un mattino limpido di fine autunno.
225.000mq di superficie, 420.000 frequentatori ogni santo giorno, 150.000.000 di passaggi all’anno, 32.000mq di shopping, food and beverage (una volta si chiamavano ristoranti e bar, oggi si chiamano così), 14.000mq di vetrine, 3 piani di mondo, che vedono gente che corre, gente che si incazza perché il treno è in ritardo, qualcuno piange perché tu parti e qualcuno sorride perché arrivi. Una città nella città, un piccolo (ma neanche tanto piccolo) mondo dove più o meno tutti siamo passati.
Ma capita non a tutti di passarci di notte o alle prime ore del mattino; e ti si apre un mondo diverso, il mondo degli homeless che, con il freddo, vengono lasciati entrare dove di solito vengono scacciati in malo modo dai tanti uomini delle Forze dell’Ordine che presidiano la stazione.
C’è una donna, anziana, sola, che urla al suo nemico immaginario di lasciarla stare, di andarsene, poi si allontana dall’ingresso e parla da sola a bassa voce, un linguaggio incomprensibile, sempre con il suo amico-nemico che vede solo lei. C’è il barbone che già alle sei del mattino si attacca alla bottiglia, dorme sui cartoni che rimedia dalle uscite secondarie dei platinati negozi della gallery (io lo chiamo corridoio, ma fa meno figo), ci sono i venditori abusivi di qualsiasi cosa, che a quell’ora ricevono le loro mercanzie da grossisti senza scrupoli, che parlano un perfetto italiano, perché sono italiani, e sfruttano questo mondo di disgraziati per vendere in nero e non pagare le tasse, ma tanto va bene così. Nell’immenso piazzale davanti alla stazione, la famosa Piazza dei Cinquecento, alle spalle della orrenda statua dedicata a Papa Wojtila, si ferma il furgoncino della Caritas, preso d’assalto dai tanti, troppi poveri di qualsiasi razza e genere, che si accontentano di un pacco di biscotti, un panino e poco altro prima di tornare al loro nulla assoluto. In questa massa di questuanti ci sono tanti, tantissimi italiani disperati, basta rallentare quando passi lì vicino e senti e vedi che tanti di loro non vengono da molto lontano, al massimo da Tor Pignattara.
Perché di questo vivono molti di questi disperati, del loro nulla assoluto. Nessuno di noi si accorge quasi mai di nulla, presi come siamo dal Frecciarossa o da Italotreno che sono sempre in ritardo, “e cosa vuole che le dica, questa è l’Italia, tutto in ritardo, tutto fermo, e i politici mangiano e rubano, e noi paghiamo le tasse”, con il consueto corollario di luoghi comuni, magari giusti, ma sempre e solo luoghi comuni.
Pochi, troppo pochi di noi si voltano a considerare questo mondo di disperati, di senza niente, che animano la stazione Termini, come tanti altri luoghi del mondo, e che quasi sempre guardiamo con il disprezzo “dovuto” ai diversi, a quelli di cui non conosciamo le storie, e non ci interessa nemmeno saperle, le loro storie, in fondo “se sono ridotti così sarà pure colpa loro”. Certo, Signora mia, sarà pure colpa loro.
Al piano inferiore, quello dove arriva la metropolitana (perché anche a Roma c’è la metro, poca roba ma c’è), escono i primi passeggeri che hanno una fretta cane di salire e prendere il treno per andare al lavoro; poi ci sono i turisti, quelli che invece fanno il percorso inverso, che arrivano in treno e, abituati ai trasporti dei loro paesi d’origine, pensano che basti scendere le scale mobili e arrivare alla metro per vedere San Pietro o il Colosseo. Su, dai, non scherziamo, siamo a Roma, mica a Bruxelles. Ma loro aggirano i dormienti che occupano i gradini delle scale, li guardano con sorpresa, ma non sono più di tanto toccati da quelle realtà, perché Roma è Roma, bisogna correre a vederla, e chissenefrega del poveretto ubriaco sdraiato sul marciapiede, che solo i soldati provano ad aiutare, mentre i soliti “malati di selfie” fanno le foto con i loro “mobile devices” per documentare non sanno nemmeno loro cosa.
E’ una riflessione, la mia, che non vuole dire nulla, solo meditare su chi non è come noi, su chi magari non è stato fortunato come noi, o su chi non è stato bravo come noi. Sono tanti, sono ovunque, spesso fingono, ma sono donne e uomini che dovrebbero avere la stessa dignità di esseri umani che abbiamo tutti.
O no?