Non sono convinto del fatto che in Turchia ci sia stato un colpo di Stato finto di cui ora Erdogan sta approfittando per mettere a tacere tutti i suoi oppositori, veri o presunti. Ha fatto quello che chiunque avrebbe fatto a posto suo. Magari, ha un po’ esagerato, ma si sa, se lo spirito è forte, la carne è debole.
Se, come penso, il colpo di Stato era vero, è stato pessimamente organizzato e condotto e, poiché, in tema di fallimenti, la CIA ha dato luminosi esempi, non mi stupirebbe che rientrasse in questa categoria.
Ma ciò che m’interessa è l’intervista che Erdogan ha rilasciato a RAI24, sulla quale si è sbizzarrita l’idiozia della stampa italiana e dei suoi non tanto occulti mentors. Erdogan avrebbe attaccato l’Italia, l’Unione Europea, e in particolare, la Mogherini, e gli Stati Uniti ed avrebbe propugnato il ritorno alla pena di morte. Un vero sacrilegio.
In verità, Erdogan non ha attaccato nessuno.
Sull’Unione Europea ha detto di non aver ricevuto alcuna solidarietà dai suoi membri. E’ vero. Non s’è mosso nessuno a contestare una rivolta contro un Governo ed un Presidente democraticamente eletto. Può non piacere Erdogan, ma questo non ha nulla a che vedere con la democrazia.
Le uniche manifestazioni nei confronti della Turchia sono state il richiamo alla legalità “democratica”, alla tutela dei diritti umani ed all’osservanza dell’accordo per gli immigranti.
E’ un po’ poco, per un tentativo di destabilizzazione di un Governo amico ed alleato (NATO). La Turchia è alla porta dell’Europa da oltre dieci anni, con pretesti vari, in genere francesi. Una Turchia dentro avrebbe forse creato qualche imbarazzo. Una Turchia fuori è una mina vagante. Si comprende l’astio di Erdogan, il cui realismo fa a pugni con l’indecisione europea.
Nei confronti degli Stati Uniti è ovvio il sospetto di Erdogan che il golpe fosse noto, se non addirittura preparato ed organizzato da Washington. Certo, non ne ha le prove ed attaccare gli Stati Uniti non è uno scherzo, anche con l’usbergo della Russia, tornata sul Bosforo. La polemica di Erdogan è contro Gulen, un suo vecchio sostenitore ed ora suo acerrimo nemico, ospitato o rifugiato negli Stati Uniti, e certamente non ignaro di quanto si stava preparando in Turchia. Ne chiede l’estradizione, che non avrà, ma ne sentiremo delle belle quando cominceranno i processi e le varie audizioni.
Quanto all’Italia, Erdogan si è posto una domanda: se truppe ribelli avessero attaccato il Quirinale e bombardato il Parlamento, che avrebbe fatto l’Italia ufficiale? Molti si sarebbero fregati le mani ed avrebbero applaudito. Scherzi a parte, uno Stato può tollerare una rivolta mirante a destituire Istituzioni regolarmente e democraticamente elette? Certamente no, anche in un Paese strano come l’Italia.
Poi, se l’è presa con la Procura di Bologna, che indaga su suo figlio studente di medicina, perché accusato, pare, di riciclaggio. Da buon padre si è chiesto se, con tutti i mali nostrani, questa fosse davvero una priorità. Pensate piuttosto alla mafia, ha detto (e lui di mafia turca se ne intende!), e buon per noi che non si è riferito all’indagine sull’Italicus su cui, da quasi quarant’anni, aspettiamo la verità.
La risposta non s’è fatta attendere: tutti scandalizzati. La nostra magistratura è libera perché siamo in uno Stato di diritto. Il riferimento alla mafia è offensivo, perché anche la Turchia ne conosce la vivace esistenza e così via. Risposte da baraccone.
Poi c’è stata la questione della pena di morte. Erdogan non ha detto che vuole la pena di morte, ma solo che, se il Parlamento di Ankara votasse per il ripristino della pena, lui applicherà la legge. Ha anche aggiunto che, in fondo, sarebbe in buona compagnia, citando un certo numero di Paesi tra i quali Russia e Stati Uniti.
L’Unione Europea ha già fatto sapere che questo chiuderebbe definitivamente la porta ai fantomatici negoziati per l’adesione della Tirchia. Una tragedia, visto come stanno andando le cose. Ma l’Europa è la patria dei diritti umani. Basta pensare a come considera gli immigrati che non vuole nessuno.
La verità è che siamo tristemente servi dei luoghi comuni, delle facce afflitte di costernazione, dei comunicati ufficiali, ora trasformati in tweet (potenza della tecnologia!) e, soprattutto, degli Stati Uniti. Continuiamo a subire un mare di sciocchezze e di parole vuote di senso comune. La Borsa crolla, il Monte dei Paschi andrebbe chiuso, il sistema bancario fa acqua da tutte le parti, e continuiamo a leggere che tutto va per il meglio.
Concediamo le basi per gli attacchi americani alla Libia, con la buffonata che ogni volo dovrà essere autorizzato da noi, ma ci guardiamo bene dal dire che quel che accade in Libia è di nostro interesse prioritario. In Libia, Paese che c’interessa, la guerra la facciamo fare agli altri, in Afghanistan, di cui non c’interessa nulla, la guerra la facciamo noi, al posto degli Stati Uniti. Stupidi e mercenari.
Se avessimo un Presidente della Repubblica, questi potrebbe chiedere conto al Governo, al Parlamento, al Ministro della Difesa di quanto stanno consapevolmente facendo. Ma abbiamo solo una figurina da calendario buona per le pareti dei Commissariati di Polizia, non per i vetri dei camionisti.
Il caso Erdogan è solo la dimostrazione che, quando si vuole, si può fare piazza pulita degli oppositori. Un regime autoritario in Europa non è una novità. A parte la Russia, la Bielorussia è un modello di dittatura post-sovietica. Ma nessuno grida allo scandalo.
Per carità di patria, non spostiamoci né in Africa né in Medio Oriente. Un Erdogan un po’ seccato per l’atteggiamento dei suoi amici ha un vantaggio forte su tutti i media da quattro soldi che lo criticano: ha il coltello in mano, sospeso tra occidente ed oriente, fra Nato e Putin, fra il Califfato ed Israele. Non lo vogliono più in Europa? Peccato, ma il mondo è grande per chi, come Erdogan, è realista, ambizioso ed intelligente.
La Turchia è un boccone troppo importante e gustoso per non essere oggetto di forti appetiti. Ma l’Europa è inappetente e d’estate, un po’ come tutti, sta anche a dieta.
Roma, 4 agosto 2016.