Premetto che quello che leggerete non è, non vuole essere, né può essere contro qualcuno, tanto meno contro le Donne, delle quali ho grande stima.
Assistiamo da un po’ di tempo a questa querelle kafkiana sui termini al femminile o al maschile, e ci troviamo termini come Ministra, Sindaca, Presidenta e altre amenità del genere, come se questo fosse un modo per arrivare alla “parità di genere” attraverso lo storpiare parole che sono così da sempre, e non per questo inamovibili ma certamente molto più sensate di questi neologismi.
A volte le discussioni diventano surreali, come quella alla quale ho assistito quando l’Ambasciatore di Francia Catherina Colonna ha preteso di essere chiamata Ambasciatrice mentre l’ex Ambasciatore di Svezia (donna) dice che vuole essere chiamata Ambasciatore perché l’Ambasciatrice è la moglie del diplomatico.
Il Ministro Boschi dice che vuole essere chiamata “Ministra” perché lo dice l’Accademia della Crusca: accidenti, che appoggio!!!
La stessa Accademia ha però detto che il suffisso “-essa” non esiste, per cui abbiamo chiamato tutti Professoressa la maledetta di Matematica o di latino senza sapere che dovevamo chiamarla Professora.
Quindi, per par condicio, senza la quale ormai nulla si crea e nulla si distrugge, dovremo dire “geometro” per un professionista uomo o “camionisto” per un conducente di sesso maschile, oppure dire che la nostra casa è stata progettata da una “architetta” (questa poi…..).
A me sembra surreale, poco divertente (ironia a parte) ma soprattutto poco utile alla causa della parità di genere, perché poi nessuno dice niente (ad esempio) sul post che appare oggi sul Ministro Boschi a proposito del referendum di ottobre. A fronte della stupidata (secondo me) detta dalla Boschi sul fatto che votare sì vuole dire anche combattere il terrorismo, risponde un laconico commento di un assessore lombardo che dice ” manca solo che dica se votate ve la do”: perfetto esempio maschilista e cretino, molto più importante di una “o” o di una “a” alla fine di una parola.
Io concordo con l’amico Prof. Cesare Sanmauro che il termine definisce il ruolo, non chi lo ricopre, mentre chi ricopre il ruolo dovrebbe essere in grado di onorarlo, in maniera del tutto indipendente dal sesso. in buona sostanza, credo che i parametri da considerare e da mettere in prima luce non siano certo questi, mi sembra che si parli del nulla, ma forse serve anche a distogliere l’attenzione da ben altro.
Ho avuto capi donna, addirittura in un periodo della mia vita lavorativa erano donne il Direttore Generale, il Direttore del Personale e il Direttore Finanziario della mia azienda e, credetemi, di tutto ci siamo occupati meno che della targhetta fuori dalla porta dei loro uffici.
Io credo che sia importante che tutti abbiano la stessa possibilità di accedere a ruoli più o meno importanti, che tutti debbano essere in grado di dimostrare quanto valgono, ma che poco importi e debba importare il nome. Poi, se sei bravo (o brava) è giusto che tu venga premiato (o premiata), in funzione di quello che dimostri di saper fare.
Io la penso così.