Vedo moltissima solidarietà per i morti di Parigi, e ci mancherebbe.
Vedo molti che cambiano la propria immagine del profilo Facebook inserendo la bandiera francese, e ci mancherebbe.
Io non l’ho fatto, come non l’ho fatto per la strage di Charlie Hebdo. Perché? Forse solo perché, ormai, toccherebbe farlo molto, troppo spesso e ci sono momenti e situazioni in cui la nostra mente pare andare a due o più velocità. In questo periodo, solo per limitare il tempo del ricordo, ci sono state molte, troppe altre stragi in nome di Dio, ma dopo il Gennaio di Parigi tocca arrivare al novembre di Parigi per rivedere la stessa condivisione che è giusta, ma temo sia solo parziale.
Non ho visto tante bandiere del Kenya dopo la strage degli studenti cristiani del 2 aprile scorso (147 morti) o quella della Federazione Russa dopo l’attentato di pochi giorni fa al volo da Sharm (224 morti), e nemmeno bandiere libanesi dopo la strage al mercato di Beirut di tre giorni fa (almeno 40 morti). E, purtroppo, potrei continuare.
Con questo non voglio criticare l’afflato di solidarietà verso la Francia, ma mi chiedo perché quei morti sembrano essere meno importanti di quelli francesi, senza contare i morti civili israeliani, quelli civili palestinesi, quelli siriani, quelli libici e tanti, troppi altri.
Sembra quasi che la solidarietà valga solo se ad essere attaccata è la “nostra” sicurezza”, il “nostro” mondo, la “nostra” civiltà: ho letto e sentito commenti come :”La strage in un tranquillo venerdì sera, con tanti che volevano solo andare a divertirsi, che volevano ascoltare un po’ di musica” oppure ” hanno rubato il futuro a questi ragazzi, non hanno permesso loro di crescere, li hanno ammazzati come animali”. Certo, tutto giusto: ma forse i kenioti, gli ebrei, i palestinesi, i siriani, i libici, i russi hanno meno diritto di crescere liberamente o di andare in vacanza?
Io non direi, e voi?